S.F.C.
(di
Felice Celato)
Per
chiudere in maniera forse simpatica questo periodo di feste religiose e laiche,
vorrei proporre a tutti gli amici un piccolo e divertente esercizio da
praticare durante l’anno appena cominciato. E’ un esercizio semplice e forse
anche utile che cercherò di illustrare brevemente sperando però che sia
praticato da tutti noi lungamente. E per compiacere la nostra linguistica
anglo-filia vorrei dargli un nome inglese: il Silence Fillers Chasing (in sigla SFC), che in Italiano potremmo
chiamare la-caccia-ai-riempitori-di-silenzio. Sgombriamo subito il campo da
equivoci: credo che Silence filler
sia un gioco enigmistico americano, col quale il nostro SFC non ha nulla a che
vedere; né il nostro SFC ha nulla a che vedere (propriamente) col vezzo dei
parlatori timidi che, temendo le pause del loro stesso eloquio, lo riempiono di
parolette non aventi pertinente significato (tipo: come dire, voglio dire, etc)
o di fonemi e vocalizzi del tipo quelli cui indulgono (insopportabilmente) i
giornalisti radio-televisivi per dare ritmo (?) o continuità (?) ai loro
parlari.
No, l'SFC è un esercizio un po’ più avanzato e si rivolge alla caccia dei
riempitori di silenzio “ideologici”, cioè a coloro che fanno del riempimento
del silenzio una propria ideologia, una specie di conscia o inconscia ragione di vita o
anche, più spesso, un mestiere.
Per
rendersi conto di quanto ampio sia il nostro terreno di caccia mettiamoci in
critico ascolto dei nostri media o dei nostri politici. E per individuare le
“prede” da cacciare proviamo a domandarci, dopo aver letto un pezzo o
ascoltato, chessò?, una dichiarazione di qualche “portavoce” di partito: che
cosa voleva dire che non fosse già noto? Perché vuole evitare che noi si abbia
il tempo (e il silenzio necessario) per pensare a quello che sicuramente aveva
già detto, ammesso che ne valesse la pena? Perché si è preso il rischio di dire
una banale ovvietà o, peggio, una stupidaggine? Per quale ragione non ha
preferito il tacere? Bene: se la risposta a questa o ad analoghe domande è che
l’unica ragione di tale “esternazione” sta nell’affermare la propria “esistenza
in vita”, secondo il moderno principio che esse
est percipi (essere è essere percepito) o nel semplice disprezzo del
silenzio, allora quella è la preda del nostro SFC!
E
quando si è individuata la preda, che fa il cacciatore? Mira e scocca la
freccia! E poiché noi siamo cacciatori non violenti, che proiettile o freccia
potremmo sparare? Qui abbiamo una scelta: se stiamo leggendo, saltiamo a piè pari
l’intero articolo, costi quel costi (cioè a rischio di perdere qualcosa che non
sapevamo, annegato fra le banalità che sapevamo); se, invece, siamo davanti
alla radio o al televisore, impugniamo il telecomando e cambiamo canale (ci
sono degli ottimi programmi di musica classica!) o, meglio, godiamoci un po’ di
silenzio.
E,
siccome essere contro la caccia è politically
correct, noi, che ci teniamo tanto alla nostra political correctness, rivolgiamo agli editori e ai direttori di media una preghiera: non induceteci in
tentazione! Eliminate o restringete al minimo indispensabile il nostro terreno
di caccia! Non fateci più leggere o ascoltare i silence fillers, i vacui riempitori di silenzio alla ricerca della
(altrimenti improbabile) loro
percezione!
Roma,
6 gennaio 2014, Epifania di N.S.
PS:
Se, per caso, queste righe vi sembrano un mero riempimento di silenzio, da
pomeriggio festivo in casa, trattatemi come un volgare silence filler e dimenticate questo post!
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