La vita sognata di Ernesto G.
(di Felice Celato)
Il 2013 è stato per me un anno eccellente (per le letture, intendo dire, e solo per
queste!). Nell’anno appena finito ho avuto modo di imbattermi in una serie di
letture di grande qualità, sia nel settore della narrativa (ri-segnalo, fra
tutte, La famiglia Karnowsky di
Israel Singer, e poi Limonov di
Emmanuel Carrère e La tana dell’odio
di Giovanni D’Alessandro) sia in quello della saggistica storica e sociologica
(ri-segnalo, fra tutte, le biografie di Bonhoeffer
di Eric Metaxas e de L’Apostolo di
Sholem Asch e il bel libro sulla democrazia di Zagrebelsky). [ Maggiori
dettagli su queste letture e su altre rimarchevoli del 2013 sono rinvenibili
nel blog, perché le ho tutte
puntualmente segnalate nel corso dell’anno].
Sarà
difficile che il 2014 risulti di eguale soddisfazione; comunque non è
cominciato male, perché La vita sognata
di Ernesto G. di Jean Michel Guenassia (Salani editore) senza essere – a
mio giudizio – del livello del romanzo (*) di tardo esordio di Guenassia come
narratore (fino all’età di sessant’anni ha fatto l’avvocato), è senz’altro un
libro piacevole ed avvincente. Fra l’altro, i due romanzi hanno anche in comune
l’impianto di fondo, essendo, entrambi, direi, romanzi “storici” nel duplice
senso che entrambi sono profondamente immersi nella storia e che, della storia,
fanno una co-protagonista, anzi, se così si può dire, un’antagonista dei vitali
personaggi principali.
L’ambientazione,
stavolta, è articolata: Parigi – Algeri - Praga; le vicende storiche sono
quelle fra le due guerre mondiali (Parigi ed Algeri) e quella dell’ultimo
dopoguerra nell’est-Europeo (Praga) fino al crollo del Muro e poco oltre; i
protagonisti sono i membri di una complicata famiglia, sballottata nelle vicende
della storia che, anzi, nel tratto finale del lungo romanzo, si affaccia con prepotenza
nella loro vita con la comparsa di un personaggio veramente esistito (appunto
Ernesto G.) ma, forse, nella realtà, nemmeno mai transitato per Praga.
Scritto
molto bene (ho avuto qualche dubbio su alcuni passaggi della traduzione, ma si
tratta di dubbi di minor rilevanza), è, come dicevo, soprattutto avvincente; senza essere
forse un capolavoro, è comunque un libro che si legge con gusto e che
coglie con grande acume il senso di fragilità delle esistenze umane trascinate
dai flutti della storia e della vita, che talora le sovrastano e tentano di
sommergerle, senza tuttavia riuscire a cancellarle anche quando le portano a
fondo. Non c’è – nella “storia” secondo Guenassia – la potente dimensione
provvidenziale che opera in quella de I
promessi sposi, ma una “fede” semplicemente laica come quella de La peste di Camus (che, di sfuggita, viene richiamata dalle vicende ambientate in Algeri), ma non per questo meno suggestiva.
Alla fine – è forse questo, infatti, il “messaggio” delle vicende narrate da
Guenassia – la forza indomabile dell’umanità attaccata ai propri valori riesce
a costruire un baluardo sul quale anche l’onda della storia si infrange e che,
quando l’onda è passata, riemerge tenace.
Roma,
13 gennaio 2014
(*)Il club degli
incorreggibili ottimisti, Salani editore, anch’esso segnalato su questo blog.
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