mercoledì 22 gennaio 2014

Segnalazioni

Ombre sull'Hudson
(di Felice Celato)
Lo dico subito: Ombre sull'Hudson (il romanzo “americano”di Isaac Singer, che ho appena finito di rileggere a distanza di nove anni dalla prima lettura, TEA editore) è un libro impegnativo. Non solo perché si compone di 600 pagine, fitte fitte e dense di intrecci esistenziali talora paradossali, qua e là vagamente comici; ma soprattutto perché l' umanità che si agita  sotto la penna pietosa di Singer rimugina soffertamente temi complessi e profondi, di valore universale e solo in parte radicati in tematiche squisitamente ebraiche. Così i ricorrenti tormenti sulla "natura" dell'ebraismo ("senza Dio non ci sono ebrei" dice uno dei protagonisti, il più macerato), sull'assimilazionismo o sulla valutazione "religiosa" dell'Olocausto, sfociano naturalmente in più vaste tematiche, starei per dire di portata universale, come il problema del male o quello dell'attrito fra valori religiosi e mondo "secolarizzato", facendo del libro, appunto, una lettura impegnativa; anzi, direi che, se Isaac Singer non fosse lo straordinario narratore che conosciamo, il romanzo probabilmente soffocherebbe sotto lo spessore del libro!
L'ambientazione, come dice il titolo stesso, è americana, anzi Newyorkese e, ancora più specificamente, ebraico-Newyorkese; il periodo narrato è quello del primissimo secondo dopoguerra (anni 1947-48, direi); la pubblicazione è invece del 1957/58, a puntate, in yiddish, su un giornale pubblicato a New York (The forward).
I personaggi sono molti ed intensi (le ombre umane che vagano intorno all’Hudson) ma ruotano tutti attorno alla figura di Boris (già Borukh) Makaver, un abile uomo d'affari fuggito negli Usa dalla Polonia e divenuto ben presto un personaggio di spicco nella locale comunità ebraica, un punto di riferimento per l'attaccamento ai valori morali e religiosi della sua matrice culturale. Boris, da questo punto di vista è l'omologo americano di un altro personaggio singeriano, il polacco Calman Jacoby de La fortezza (grandissimo libro!): vive ed opera con successo nel mondo ma ne teme l'azione corrosiva, ne rifugge i comportamenti e le logiche secolarizzate, anzi, nel suo ambito sociale, vi si oppone con ogni mezzo anche a prezzo di mettere in crisi il rapporto più caro, quello con la figlia Anna, ormai divenuta un'americana vigorosa, agnostica, libera e spregiudicata nei suoi affetti quanto affezionata al vecchio padre del quale eredita anche l'abilità commerciale. Una buona parte delle vicende ha proprio per protagonista questa Anna e il suo amore tormentato per un altro personaggio "forte" del libro, Herz Dovid Grein, un professore laico e libertino, scosso da tremendi sensi di colpa che lo spingono alla più radicale conversione, peraltro trainata dal valore pedagogico della religione (“siccome i filatteri tengono legata la tigre che ho dentro di me, non posso fare altro che mettermeli”) piuttosto che dai suoi contenuti teologici e morali.
Insomma, come dicevo, il tema di fondo, come  ne La fortezza, è quello dell’assedio del mondo alla fortezza della fedeltà alla religione, un assedio tanto più intenso quanto più il contesto vitale è quello del “nuovo mondo” dove i valori dell’ebraismo (ma più in generale, direi, di ogni religione) sono dispersi all’interno di una società profondamente secolarizzata.
Come si vede, un tema che travalica l’ambiente ebraico in cui si dipanano le vicende e che mette in discussione molti temi presenti nell’anima di ogni uomo cosciente della sua dimensione verticale; ancora una volta, in fondo, la riprova della radice ebraica che caratterizza la civiltà occidentale che definiamo cristiana (con buona pace di chi non ha voluto riconoscere i fondamenti giudaico-cristiani della nostra cultura).

Roma, 22 gennaio 2014.

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