domenica 21 aprile 2013

Fuori campo


Parlando di cose ignote
(di Felice Celato)
Come ci siamo detti qualche volta, non è questo “il luogo” per dibattiti politici così come li intendiamo in questa Italia impazzita: non abbiamo le competenze né la voglia di crearcene in materia di contese partitiche. Se ci siamo qui occupati più di qualche volta di politica, l’abbiamo fatto nella logica dell’ecologia della convivenza civile che in molte occasioni ci è parsa (e tuttora ci pare) in pericolo nel nostro Paese, in larga parte, credo, come conseguenza del micidiale corto circuito che si è venuto determinando, nella scarsa consistenza culturale, fra il linguaggio dei media e la politica intesa come contesa.
E purtuttavia, dopo questi giorni drammatici nei quali ci era anche passata la voglia di scriverci le nostre riflessioni, dovremmo tornare a parlarne, di politica, cercando di capire come quanto è venuto incredibilmente accadendo possa attentare proprio a quella ecologia della convivenza che più assai delle beghe partitiche ci sta a cuore.
Dunque partiamo dallo smottamento che si è prodotto nell’ultimo biennio nella vita di quegli insostituibili strumenti della democrazia che sono i partiti, corpi intermedi essenziali per la composizione e organizzazione degli interessi che si fronteggiano in ogni contesto economico e civile: da almeno due anni (ma la radice del male è più antica) i partiti politici hanno cominciato a scivolare irrefrenabilmente lungo la china dell’irrilevanza fattuale; prima, non riuscendo ad esprimere un governo che fronteggiasse il rischio del collasso finanziario: il Governo Monti è stato il prodotto di questo primo smottamento. Poi, non riuscendo ad esprimere un governo politico all’indomani di sorprendenti elezioni; poi, ancora, non riuscendo ad individuare un nuovo Presidente della Repubblica senza dover ricorrere alla “proroga” nelle sue funzioni di quel vecchio gentiluomo stanco e riluttante che è Giorgio Napolitano, unico baluardo pensante nel furore cieco delle contrapposizioni faziose e irresponsabili.
In questo smottamento travolgente, non ostante il loro comune rotolare nell’irrilevanza, hanno comunque tenuto una loro linea (non esprimo qui valutazioni qualitative, ma solo constatazioni che mi paiono evidenti) il PdL, il Movimento 5 Stelle e il neo-nato ed anomalo Scelta Civica: il primo abbarbicato attorno all’immagine consunta del suo “padrone”; il secondo drogato dall’oratoria torrentizia del suo “guru”; il terzo votato ad un ruolo marginale, civile e responsabile quanto si vuole ma pur sempre marginale. Dove la frana è stata più impressionante e drammatica, è però nel PD la cui classe dirigente ha collezionato una serie impressionante di errori strategici e tattici di dimensione madornale e dalle conseguenze giustamente letali per la stessa classe dirigente: troppe anime confusamente giustapposte, troppe comprensioni insufficienti, troppo disprezzo reciproco, troppa ideologia latente ma pervicace, troppo poca selezione dei quadri politici, troppi sguardi allo specchietto retrovisore.
Nelle prossime settimane capiremo quanto sopravvivrà di questo partito sconfitto e depresso e come si distribuiranno le sue contraddizioni nel quadro delle emergenze future: l’Italia ha probabilmente ancora bisogno di una forza che sappia esprimere (civilmente, pragmaticamente e senza rancori)  una linea alternativa sia al PdL – che aggrega la rilevante avversità degli Italiani alla storia e alla cultura della sinistra – sia al Movimento 5 Stelle che, piaccia o non piaccia, comunque coagula –  sia pure confusamente e spesso in forme di inaccettabile pressappochismo – un forte disagio civile che scorre potente nelle vene dell’Italia. Se, come credo, il Movimento di Grillo finirà per ereditare, in forme nuove, pulsioni e radicamenti tipicamente appartenuti alle sensibilità che una volta si definivano di sinistra, il PD (o quello che di esso resterà) dovrà cercare un suo spazio al centro degli schieramenti politici, accettando con realismo “il sacrificio” del suo storico posizionamento.
Al Tempo, poi, occorre lasciare la tornitura dei ruoli e la dispersione degli scarti. Sempreché il Futuro lasci spazio al Tempo per fare il suo mestiere. Vedremo presto che aria tira.
Roma, 21 aprile 2013, giorno dopo la rielezione del Presidente Napolitano

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