Parlando di cose ignote
(di
Felice Celato)
Come
ci siamo detti qualche volta, non è questo “il luogo” per dibattiti politici
così come li intendiamo in questa Italia impazzita: non abbiamo le competenze
né la voglia di crearcene in materia di contese partitiche. Se ci siamo qui occupati
più di qualche volta di politica, l’abbiamo fatto nella logica dell’ecologia
della convivenza civile che in molte occasioni ci è parsa (e tuttora ci pare)
in pericolo nel nostro Paese, in larga parte, credo, come conseguenza del micidiale
corto circuito che si è venuto determinando, nella scarsa consistenza
culturale, fra il linguaggio dei media
e la politica intesa come contesa.
E
purtuttavia, dopo questi giorni drammatici nei quali ci era anche passata la
voglia di scriverci le nostre riflessioni, dovremmo tornare a parlarne, di
politica, cercando di capire come quanto è venuto incredibilmente accadendo
possa attentare proprio a quella ecologia della convivenza che più assai delle
beghe partitiche ci sta a cuore.
Dunque
partiamo dallo smottamento che si è prodotto nell’ultimo biennio nella vita di
quegli insostituibili strumenti della democrazia che sono i partiti, corpi
intermedi essenziali per la composizione e organizzazione degli interessi che
si fronteggiano in ogni contesto economico e civile: da almeno due anni (ma la
radice del male è più antica) i partiti politici hanno cominciato a scivolare irrefrenabilmente
lungo la china dell’irrilevanza fattuale; prima, non riuscendo ad esprimere un
governo che fronteggiasse il rischio del collasso finanziario: il Governo Monti
è stato il prodotto di questo primo smottamento. Poi, non riuscendo ad
esprimere un governo politico all’indomani di sorprendenti elezioni; poi,
ancora, non riuscendo ad individuare un nuovo Presidente della Repubblica senza
dover ricorrere alla “proroga” nelle sue funzioni di quel vecchio gentiluomo
stanco e riluttante che è Giorgio Napolitano, unico baluardo pensante nel
furore cieco delle contrapposizioni faziose e irresponsabili.
In
questo smottamento travolgente, non ostante il loro comune rotolare
nell’irrilevanza, hanno comunque tenuto una loro linea (non esprimo qui
valutazioni qualitative, ma solo constatazioni che mi paiono evidenti) il PdL,
il Movimento 5 Stelle e il neo-nato ed anomalo Scelta Civica: il primo
abbarbicato attorno all’immagine consunta del suo “padrone”; il secondo drogato
dall’oratoria torrentizia del suo “guru”; il terzo votato ad un ruolo
marginale, civile e responsabile quanto si vuole ma pur sempre marginale. Dove
la frana è stata più impressionante e drammatica, è però nel PD la cui classe
dirigente ha collezionato una serie impressionante di errori strategici e
tattici di dimensione madornale e dalle conseguenze giustamente letali per la
stessa classe dirigente: troppe anime confusamente giustapposte, troppe
comprensioni insufficienti, troppo disprezzo reciproco, troppa ideologia
latente ma pervicace, troppo poca selezione dei quadri politici, troppi sguardi
allo specchietto retrovisore.
Nelle
prossime settimane capiremo quanto sopravvivrà di questo partito sconfitto e
depresso e come si distribuiranno le sue contraddizioni nel quadro delle
emergenze future: l’Italia ha probabilmente ancora bisogno di una forza che
sappia esprimere (civilmente, pragmaticamente e senza rancori) una linea alternativa sia al PdL – che
aggrega la rilevante avversità degli Italiani alla storia e alla cultura della
sinistra – sia al Movimento 5 Stelle che, piaccia o non piaccia, comunque
coagula – sia pure confusamente e spesso
in forme di inaccettabile pressappochismo – un forte disagio civile che scorre
potente nelle vene dell’Italia. Se, come credo, il Movimento di Grillo finirà
per ereditare, in forme nuove, pulsioni e radicamenti tipicamente appartenuti
alle sensibilità che una volta si definivano di sinistra, il PD (o quello che
di esso resterà) dovrà cercare un suo spazio al centro degli schieramenti
politici, accettando con realismo “il sacrificio” del suo storico
posizionamento.
Al
Tempo, poi, occorre lasciare la tornitura dei ruoli e la dispersione degli
scarti. Sempreché il Futuro lasci spazio al Tempo per fare il suo mestiere.
Vedremo presto che aria tira.
Roma,
21 aprile 2013, giorno dopo la rielezione del Presidente Napolitano
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