lunedì 29 aprile 2013

Ecologia della convivenza /5


Heri  dicebamus
(di Felice Celato)
Dopo 6 mesi di inutili retoriche faziose ed inconcludenti, si torna (pare lecito sperare) ad occuparsi delle cose da fare che, nel frattempo, non sono affatto diminuite né diventate di minor urgenza.
Il nuovo governo – che, secondo me, parte col vantaggio di essere una soluzione politica tardiva ma realistica e, grazie ad alcune degnissime concessioni alle mode, anche mediaticamente suggestiva – dovrà pur fare qualcosa. Certamente non lo guideranno le grossolanità sparate, da tutte le parti, in campagna elettorale (buone solo per questa, ormai gli Italiani dovrebbero averlo capito) ma spero che lo guidino le sapienti miscele di competenze ed esperienze politiche che Enrico Letta ha saputo mettere insieme, con abilità notevole.
Altre volte abbiamo detto fra noi le cose che ci sembravano da fare, subito!, sul piano politico (liberalizzazioni spinte, finanziamento privato dei partiti secondo il modello della proposta Capaldo, cessione di beni dello Stato, detassazione delle imprese, abbattimento della pervasività burocratica, riforma della giustizia, etc), tenendo presenti i vincoli di finanza che ci incombono [ a proposito: la stucchevole contrapposizione fra cosiddetti cultori del rigore e cosiddetti cultori dello sviluppo ha troppi profili ridicoli per parlarne a lungo: è del tutto ovvio che spendere fa, all’economia, meglio del non spendere; il problema è avere – o trovare e a prezzi decenti – il danaro da spendere!]. Quindi non ci torniamo sopra, per ora.
Ci preme invece occuparci – ormai brevemente, perché i post, ho imparato, non possono superare la pagina dattiloscritta! – di qualcosa di più profondo e tutto sommato più complicato di quanto non lo sia il concreto fare della politica (in fondo, l’abbiamo già detto, le cose da fare sono chiare, basta solo cominciare a farle!): come ripristinare un accettabile grado di ecologia della convivenza civile, secondo me gravemente compromessa in Italia, come in fondo dimostrano alcune strane cose di questi giorni.
In questa materia, non saprei come somministrare le “cure”, peraltro urgentissime, specie se il malato non è conscio della sua malattia, anzi, magari si sente anche pimpante; credo però di sapere – come del resto lo sanno i lettori di queste note – quali siano le medicine: per l’ecologia della convivenza occorrono: (1) l’igiene del linguaggio; (2) la “sanità” delle sue fonti (la fonte del linguaggio dovrebbe essere nel pensiero! Previo, s’intende!); (3) e la misura nelle dosi di polemica quotidiana.
Il vero problema però, come dicevo, è come somministrare queste medicine: io comincerei dai media; in fondo, nel nostro piccolo, abbiamo l’arma del telecomando per sfuggire ai rumori: i partiti seguiranno, ne sono convinto.
Per affrontare il problema ancora più profondo (quello della cultura e della sapientia cordis, che stanno ancora dietro al linguaggio, al pensiero e allo spirito polemico) credo bisognerà attendere (e forse pregare).
Roma 29 aprile 2013







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