Heri dicebamus
(di Felice Celato)
Dopo 6 mesi di inutili retoriche faziose ed inconcludenti, si torna (pare
lecito sperare) ad occuparsi delle cose da fare che, nel frattempo, non sono
affatto diminuite né diventate di minor urgenza.
Il nuovo governo – che, secondo me, parte col vantaggio di essere una
soluzione politica tardiva ma realistica e, grazie ad alcune degnissime
concessioni alle mode, anche mediaticamente suggestiva – dovrà pur fare
qualcosa. Certamente non lo guideranno le grossolanità sparate, da tutte le
parti, in campagna elettorale (buone solo per questa, ormai gli Italiani
dovrebbero averlo capito) ma spero che lo guidino le sapienti miscele di
competenze ed esperienze politiche che Enrico Letta ha saputo mettere insieme,
con abilità notevole.
Altre volte abbiamo detto fra noi le cose che ci sembravano da fare,
subito!, sul piano politico (liberalizzazioni spinte, finanziamento privato dei
partiti secondo il modello della proposta Capaldo, cessione di beni dello
Stato, detassazione delle imprese, abbattimento della pervasività burocratica,
riforma della giustizia, etc), tenendo presenti i vincoli di finanza che ci
incombono [ a proposito: la stucchevole contrapposizione fra cosiddetti cultori
del rigore e cosiddetti cultori dello sviluppo ha troppi profili ridicoli per
parlarne a lungo: è del tutto ovvio che spendere fa, all’economia, meglio del
non spendere; il problema è avere – o trovare e a prezzi decenti – il danaro da
spendere!]. Quindi non ci torniamo sopra, per ora.
Ci preme invece occuparci – ormai brevemente, perché i post, ho imparato, non possono superare la pagina dattiloscritta! –
di qualcosa di più profondo e tutto sommato più complicato di quanto non lo sia
il concreto fare della politica (in fondo, l’abbiamo già detto, le cose da fare
sono chiare, basta solo cominciare a farle!): come ripristinare un accettabile
grado di ecologia della convivenza civile, secondo me gravemente compromessa in
Italia, come in fondo dimostrano alcune strane cose di questi giorni.
In questa materia, non saprei come somministrare le “cure”, peraltro
urgentissime, specie se il malato non è conscio della sua malattia, anzi,
magari si sente anche pimpante; credo però di sapere – come del resto lo sanno i
lettori di queste note – quali siano le medicine: per l’ecologia della
convivenza occorrono: (1) l’igiene del linguaggio; (2) la “sanità” delle sue
fonti (la fonte del linguaggio dovrebbe essere nel pensiero! Previo,
s’intende!); (3) e la misura nelle dosi di polemica quotidiana.
Il vero problema però, come dicevo, è come somministrare queste medicine:
io comincerei dai media; in fondo,
nel nostro piccolo, abbiamo l’arma del telecomando per sfuggire ai rumori: i
partiti seguiranno, ne sono convinto.
Per affrontare il problema ancora più profondo (quello della cultura e
della sapientia cordis, che stanno
ancora dietro al linguaggio, al pensiero e allo spirito polemico) credo
bisognerà attendere (e forse pregare).
Roma 29 aprile 2013
Nessun commento:
Posta un commento