domenica 11 dicembre 2011

Racconti sul potere

Un libro (o forse due) da leggere



(di Felice Celato)

Sembra passato un secolo, ma solo poche settimane fa, nell’accennare, oscuramente, ai suoi rapporti col Premier, l’allora ministro Tremonti, che sembra si sentisse spiato, segnalò una lettura istruttiva: Il Presidente di George Simenon. Come è inevitabile in questi casi, deve esserci stata, nelle librerie, una forte domanda, curiosa di questo libro, se l’Adelphi, che lo aveva pubblicato nel 2007, lo ha ristampato e le librerie l’hanno posto al centro del banco di solito dedicato alle novità o all’esposizione della (eccellente) collana di cui Il Presidente fa parte.


Bene; a parte la curiosità suscitata dalla citazione, vale proprio la pena (o meglio: il piacere) di leggere questo romanzo, scritto da Simenon oltre mezzo secolo fa (1957) ma di straordinaria attualità ed anche di illuminante lucidità rivolta ai recessi del potere, dove l’informazione segreta, còlta lungo il confine esistenziale che ne determina l’irrilevanza, diviene, essa stessa, oscuro strumento del potere,


La storia (ambientata in Normandia) è costruita attorno alla (stupenda) figura di un vecchio ex Presidente del Consiglio (si disse, negli anni successivi alla sua uscita, che il libro alludesse a Clemenceau) che, giunto in prossimità della morte, si arrovella attorno all’uso di informazioni riservate accumulate durante la sua lunga carriera politica. Nella macerazione emotiva che ne consegue, il Presidente rivive le pagine, non tutte commendevoli, del suo lungo esercizio del potere, provandone un distaccato disgusto non disgiunto da una vaga indulgenza che l’approssimarsi della morte rende pietosa.


Analogamente ad un altro ben più recente romanzo sul potere (Elogio del silenzio di Boris Biancheri, Feltrinelli editore ) – di cui pure raccomando la lettura – il libro di Simenon costituisce una meditazione sulla natura ambigua e controversa dei modi attraverso i quali gli uomini si governano; qui (ne Il Presidente) con una chiave di lettura concreta e sofferente, lì (nell’Elogio del silenzio) in forma più paradigmatica e decontestualizzata, quasi metaforica; in entrambi però con commossa partecipazione.
11 Dicembre 2011




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