mercoledì 7 dicembre 2011

Outlook

Caute speranze

(di Felice Celato)
Attendendo le nuova manovra ci eravamo detti che eravamo certi che sarebbe stata dura (e dura, fors’anche durissima, è stata), che speravamo fosse equa ( e possiamo dire che si è tentato di essere equi senza, forse, esserci sempre riusciti), che confidavamo che fosse risolutiva (e qui non sappiamo ancora) e che infine temevamo che potesse essere depressiva (come sicuramente lo sarà, in larga misura in maniera inevitabile). Avremmo preferito una patrimoniale durissima one shot, invece si è andati verso una patrimoniale a rate (ICI, bollo, superbollo,scudati, etc) che manterrà più a lungo gli effetti depressivi, del resto propri di ogni tassa che comprime il reddito disponibile. Sulle pensioni si è andati giù con la mannaia, come forse era inevitabile dopo le stupide demagogie dei tanti anni passati. Sui costi della politica (rilevanti in gran parte solo a fini del costume) si è imboccata la strada giusta, ma siamo solo all’inizio; speriamo soprattutto che scompaia la cachistocrazia che ci ha afflitto negli ultimo anni.


La manovra è arrivata in tempi brevi, ancora è, secondo me, incompleta e carente sul lato propulsivo; ma, mi pare che la svolta nella coscienza dei problemi, nello stile proprio per risolverli, nella urgenza delle soluzioni ci sia stata e, per fortuna, prima che dovesse deflagrare lo shock che da tanto tempo pensavamo fosse necessario per svegliare il paese (avevo più volte pensato, con terrore, ad un’asta di titoli di stato che andasse deserta; per fortuna l’evento è stato solo evocato e lo scenario conseguente solo delineato a beneficio di chi non capisca che cosa vorrebbe dire).


Non è questa la sede per parlare delle misure; c’è abbondanza di analisi e di sintesi su molti giornali. Mi piace invece – nella presunzione di azzeccare le mie previsioni, rafforzata dalle esperienze di questa per me prevedibilissima crisi – abbandonarmi alle congetture sul dopo: che succederà quando la scena sarà restituita ai politici (diciamo marzo /aprile 2013)?


E’ pensabile che gli italiani, svegliati dalla “botta”, ritornino sui percorsi usati? Che siano disposti a rimettere in gioco chi è stato all’origine dei nostri mali? Che si perdonino le triviali banalità populiste e gli sciocchi demagogismi? Non lo so, ma non credo: l’operazione verità è appena cominciata; vediamo come prosegue e come saranno le reazioni di chi si vede inoculata una scarica di adrenalina dopo anni di tranquillanti euforizzanti. Ci sono due possibili linee di reazione: quella del costruttivo tutti a casa, piazza pulita, ritentiamo ex novo; ma anche quella temibilissima della foga rabbiosa becera ed irrazionale, focalizzata su fantasmi appositamente inventati. Credo che questa seconda ci sarà (la stimolazione frenoclastica e fantapoietica è già cominciata) ma non sarà prevalente (non praevalebunt; gli italiani sono superficiali e spesso giocherelloni ma non cretini; e già hanno letto sui propri libri di storia che cosa vuol dire abbandonarsi alle facili emozioni di piazza, o di prato, si direbbe oggi); credo anche che la prima avverrà solo in parte ma anch’essa avverrà, necessariamente (speriamo che avvenga almeno con precisione chirurgica la selezione fra chi assolutamente deve andare a casa, sia essa in Sardegna, in Brianza o alle Antille, e chi invece può restare, magari in prova di ravvedimento operoso). Dunque, per dirla nel convenzionale politichese, credo che ci ritroveremo con estreme più dure e, se possibile, più becere e un centro nuovo rafforzato, ancorché, forse, bicefalo: il tutto, speriamo, nel contesto di un' Europa che abbia saputo uscire dalla crisi più forte e più centralista almeno nelle politiche finanziarie e di bilancio (la cessione di sovranità in materia, lungi dall’essere un fantasma contro cui batterci, sarà un grosso passo avanti!).


Quanto c’è di irenico in questo esercizio di previsione? Non saprei dire, mi riservo di aggiustare il tiro nelle settimane a venire. Intanto è già una cosa da notare che la nuova situazione mi abbia indotto a formulare aspettative meno deprimenti di quelle che, però giustamente, avevo fino a qualche settimana fa.


Perché tutto ciò funzioni, però, occorre che la politica del denominatore (quello, cruciale, del rapporto Debito/PIL) dia i suoi frutti, anche se ancora non è fiorita. Se la sveglia resterà solo politica e non invece anche e soprattutto produttiva, imprenditoriale e temperamentale (o culturale, come scrive Zingales), allora non ci sarà manovra che tenga, il declino sarebbe irreversibile (il peso del debito, già opprimente, sarebbe insopportabile per chi non produce mezzi di rimborso). Vedremo, presto.


PS: mi sono divertito a formare parole nuove o quasi (cachistocrazia, frenoclastico, fantapoietico, etc); ma dati i tempi che tanto ci hanno avvicinato alla Grecia …. attingendo proprio al greco.


7 dicembre 2011, Sant'Ambrogio









Nessun commento:

Posta un commento