Pessimisti ed ottimisti
(di Felice Celato)
Come ogni anno, ormai da molto tempo, il primo venerdì di dicembre è dedicato al Censis e alla sua annuale radiografia (quest’anno è la 57°) della società italiana, come emerge dalla congerie di dati che, su di essa, il Censis elabora, allinea ed interpreta. E come ogni anno, provo ad individuare le parole-chiave che danno un primo senso sintetico dell’analisi, traendole dalle pagine introduttive del corposo volume, alla cui (integrale) lettura ovviamente è necessario fare rinvio prima di trarre – come invece domani inevitabilmente avverrà su molti giornali – auspici o negative premonizioni per costruire la consueta nostra banale antinomia fra ottimismo e pessimismo (non sempre puramente intellettuale).
Molte scie, nessuno sciame: accomunando promesse di inclusione, occasioni di benessere, investimenti in capitale umano o patrimoniale, il nostro Paese ha costruito in decenni il proprio meccanismo di vita sociale, preferendo, per così dire, lo sciame allo schema, l'arrangiamento istintivo al disegno razionale. Uno sciame che oggi appare disperdersi distaccando dietro di sé mille scie divergenti…. Gli sciami si sono dispersi: quel meccanismo di promozione e mobilità sociale [che aveva costituito il nostro modello di sviluppo] si è usurato. La vitalità complessiva, probabilmente maggiore che negli anni recenti si dirada in una sequenza di scie, tracce fluide a bassa potenza unitaria, linee sottili a cui mettersi in coda con poche relazioni e pochi condizionamenti, in una solitudine montante di assetto e vita sociale.
Ciechi dinnanzi ai presagi: alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall'agenda collettiva del paese o comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l'insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza nel fronteggiarli con efficacia, per prevenire, per quanto è possibile, quelli che si annunciano come probabili collassi.
Sonnambuli: la società italiana, sembra (…) affetta da un sonnambulismo diffuso: al di là del coinvolgimento ordinario nelle tante ed articolate attività della vita quotidiana, la comunità nazionale sembra riposare in una sorta di torpore, in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali di lungo periodo dagli effetti potenzialmente funesti.
Ipertrofia emotiva: una ipertrofia della sfera emotiva ravvisabile nella nostra società, la rende impermeabile alle buone ragioni dei fatti e delle cifre e vanifica i tentativi di imbastire una discussione argomentata, finalizzata alla ricerca di soluzioni lungimiranti. Nell'atmosfera emotiva in cui la società italiana si è immersa, vincono le credenze fideistiche: ogni verità ragionevole può d'improvviso essere ribaltata, sbullonata dal piedistallo della indubitabilità per effetto di una nuova onda emotiva.
I desideri minori: è il tempo dei desideri minori, non più uno stile di vita all'insegna della corsa irrefrenabile verso maggiori consumi come sentiero prediletto per conquistarsi l'agiatezza, ma una più pacata ricerca nel quotidiano di piaceri consolatori per garantirsi uno spicchio di benessere - magari temporaneo e reversibile - in un mondo ostile. Il consumo progressivo non è più la forza vitale che trascina gli italiani e che li spinge a lavorare di più per generare più reddito da spendere. Insomma, non agiscono più gli “eroici furori” della passata epopea perché il cambiamento del rapporto con il proprio tempo e la ridefinizione della gerarchia dei valori fa sì che l'energia individuale, che in passato si traduceva in una spinta collettiva, ora si condensa in una nuova soggettività dei desideri a bassa intensità, che finisce per smorzare il ciclo.
Certamente, come accennavo all’inizio, queste brevi citazioni servono solo a dare un’idea di quello che a me sembra il mood interpretativo del Censis di quest’anno. E certamente anch’esse contengono, se proprio si vuole, più di qualche spunto per alimentare la banale antinomia di cui sopra. Tuttavia, lo ripeto, nelle sue oltre 400 pagine, il 57° Rapporto del Censis credo contenga tutti gli elementi perché ciascuno possa meglio sostanziare la propria visione del presente. I pronostici per il futuro (questo sono in sostanza i nostri ottimismi o i nostri pessimismi) restano affidati alla sicura lettura delle posterità, che hanno il grande vantaggio di potere giudicare questo presente come passato e quei pronostici come fallaci o veritieri.
Roma 1°dicembre 2023
Nessun commento:
Posta un commento