lunedì 27 febbraio 2023

Una forte emozione

E noi dove eravamo?

(di Felice Celato)

So bene che le emozioni sono parte inscindibile dalla nostra umanità, e che spesso ad esse sono dovute alcune tra le più nobili azioni che noi umani, a nostro modo, riusciamo a mettere in campo. Eppure, per antica convinzione, sono portato a “temerle”, le emozioni, quando esse prendono il sopravvento sulla nostra natura di esseri razionali (si veda al riguardo il bel libro Against empathyThe case for rational compassion, di Paul Bloom, qui segnalato il 21 settembre 2017).

Con tutto ciò, non posso negare di essere stato profondamente commosso dalle cronache del naufragio di emigranti che ieri ha reso le belle coste della Calabria un lugubre teatro di morte. Il pensiero dell’uomo di fede è andato – inevitabilmente – al “silenzio di Dio”, al cui aiuto si saranno rivolti molti di coloro che le onde inesorabilmente sommergevano.

Questa eterna domanda di senso che l’uomo rivolge a se stesso di fronte alle tragedie più assurde ha trovato solo risposte provvisorie (come provvisoria – già e non ancora – è la nostra esperienza di Dio finché siamo in vita), anche se spesso profondamente inquietanti: al “dov’era Dio ad Auschwitz?” Primo Levi rispondeva a se stesso “c’è Auschwitz, quindi non può esserci Dio”; ma William Clark Styron contrapponeva “e l’uomo dov’era?”. Ancora più provocatorio,  Ronald Balson: “Dio c’era, ma stava piangendo!”; forse (aggiungo io) “pentito” della libertà che ha regalato alle sue creature, se questo è l’uso che ne fanno (chi vuole può vedersi su YouTube – ogni tanto fa bene al timore che dobbiamo avere di noi stessi – il discorso di Mussolini del 18 settembre 1938 di fronte alla piazza osannante di Trieste, per annunciare “la scottante attualità del problema razziale”).

Per nostra fortuna lontani da tale abisso di scelleratezza, ci balocchiamo di fronte alle morti con altre retoriche: la “colpa” è dei trafficanti di uomini (nota un mio acuto amico, parimenti emozionato: come se quelli che ci vendono gli ombrelli per strada fossero colpevoli della pioggia); il “rimedio” è impedire le partenze, come se (nota sempre il mio amico) contro la pioggia la soluzione sia bloccare le nuvole.

Al di là di queste miserie delle nostre coscienze (di governo o di opposizione, italiane od europee, qui non importa) non ci resta  che piangere i morti di Calabria, annegati o spezzati nei loro legami familiari mentre inseguivano la loro umana speranza. I nostri lidi erano la loro salvezza, la nostra vita il sogno delle loro aspirazioni, la nostra mano l’àncora del loro approdo. E noi, uomini, dove eravamo?

Roma 27 febbraio 2023

 

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