sabato 27 marzo 2021

Tempo e pensieri

Automonitoraggio delle opinioni

(di Felice Celato)

Avvicinandosi il giorno in cui si compirà un decennio di queste conversazioni asincrone (ci tornerò sopra fra qualche giorno nel “celebrare” il dies albo signanda lapillo), ho fatto un esercizio che – in principio – credo faccia bene a tutti fare ogni tanto: verificare come il tempo erode o sfarina le nostre deboli opinioni. Da un certo punto di vista potrei dire che questa abitudine di scriverle – le proprie opinioni – sia anche un salutare esercizio che aiuta ad auto-monitorarsi (e, in fondo, fa parte di questo “gioco” del blog a circolazione ristretta). Ovviamente ogni opinione – nelle materie che qui di solito trattiamo – è soggetta al variare dei tempi (Quando cambiano i fatti, cambiano le mie opinioni, diceva J.M. Keynes), oltreché alla naturale mutevolezza dei nostri atteggiamenti verso l’ambiente che ci circonda e anche verso noi stessi (anche ratione aetatis). Da questa prospettiva se un’opinione non si modifica nel tempo, occorre interrogarsi: sono i tempi che non sono cambiati o – cambiati i tempi – sono, invece e pervicacemente, rimaste le stesse le nostre opinioni? 

Dunque, questo esercizio di auto-monitoraggio, l’ho fatto attingendo ad un post che avevo “pubblicato” (qui da intendersi come: fatto circolare fra i miei ventiquattro lettori) il 16 aprile del 2011 ma riportando una riflessione che avevo messo insieme un paio di mesi prima (e nel post lo dico anche), cioè il 27 febbraio sempre del 2011, dunque appena più di dieci anni fa. Si trattava di un breve testo che avevo scritto, per non ricordo quale occasione, sul populismo, come allora cominciava a prendere (meglio: a riprendere) un vigoroso corpo politico da noi (sia a destra che a sinistra).

Bene: a distanza di tempo constato, senza alcuna soddisfazione, che le mie opinioni di un decennio fa hanno – malauguratamente – resistito (almeno così a me pare) all’usura del tempo: quasi tutto di ciò che scrivevo allora mi pare tuttora rispondente alle mie opinioni di oggi e sull’oggi; ma non per la mia particolare acutezza di allora, quanto piuttosto per le inerzie dei tempi e delle mentalità. 

Dunque, dicevo nel febbraio 2011 (cfr. post Populismo del 16 4 2011): al di là degli esercizi di ascesi civile che, pusillus grex, ci siamo prescritti all'inizio degli anni recenti (sorvegliare il nostro linguaggio, combattere gli emozionismi, dirci la verità, combattere i ciarlieri, etc.) su un piano più generale credo che il macigno da rimuovere, prima che politico e civile, sia di natura culturale: quale barca ci trarrà indietro dalla flatlandia dell'intelligenza sulla quale ci ha spiaggiato il populismo (di destra e di sinistra)?..... Nella situazione attuale, secondo me, le armi di cui abbiamo disperato bisogno possiamo trovarle soltanto nell’Europa migliore….. dove sta la nostra storia, dove stava la nostra cultura e dove starà, almeno io spero, il nostro futuro. E ciò non perché l'Europa sia una specie di paradiso perduto (perché non lo è e ha, anch'essa, molti problemi) ma perché da soli non credo che saremmo in grado di tirarci in fuori dal buco nero in cui ci siamo cacciati.

Oggi, per fortuna, siamo in una congiuntura politica (italiana ed europea) per qualche aspetto nuova (ancorché generata dall’emergenza); e l’Italia ha la straordinaria occasione per riprendere appieno il ruolo che le è proprio nel nostro “vero” paese (l’Europa!). Eppure la condizione di procedibiltà di questa evoluzione, tristemente séguita a risiedere nel nostro contesto sociologico e culturale; e purtroppo gli esercizi di ascesi civile che ci sono necessari (sorvegliare il nostro linguaggio, combattere gli emozionismi, dirci la verità, combattere i ciarlieri, etc.) restano tuttora in larga misura da fare. Se non ne siete convinti, cari amici e lettori, eccovi un altro esercizio: ascoltate ogni mattino una rassegna stampa completa (io, per esempio, ascolto quella di Radio Radicale, fra le 7,30 e le 9) e giudicate da soli quanto resta da fare (anche sulla stampa, ma non solo) in tema di linguaggio, di emozionismi, di faziosità preconcette, di loquacità squinternate.

Temo che la conferma delle mie opinioni di 10 anni fa dipenda solo dal fatto che gli elementi alle base di esse (i fatti, per dirla con Keynes) non sono mutati.

Roma 27 marzo 2021

 

 

 

 

 

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