lunedì 1 febbraio 2021

Brevissime dal lazzaretto

Impertinenze pandemiche

(di Felice Celato)

 

1. NUMERI

Sanno tutti, i miei ventiquattro lettori, che io soffro di “aritsmomania” (mania dei numeri); dunque, con un mio personalissimo “tableau de bord”, tengo quotidianamente sott’occhio i dati (fonti: WHO e Protezione Civile) del nostro paese e quelli di altri 10 paesi, in gran parte Europei (UK, Francia, Germania, Spagna, Svezia, Belgio e Olanda; e USA, Giappone e Brasile). Da questo poco scientifico "campione" mi viene fuori che: in fondo come contagi per milione di abitanti non siamo messi proprio male (saremmo i terzi "migliori" del "campione", dopo Giappone e Germania); come morti per milione di abitanti siamo invece fra i peggiori, meglio solo di Belgio e USA; se però scorporiamo dai numeri dell’Italia i dati della Lombardia miglioriamo di molto (che i “vecchi” – che il P.U.A., il Pensiero Unico Aggregato, vuole responsabili del nostro anomalo tasso di letalità – siano più fitti in Lombardia mi viene difficile da crederlo; e forse qualche più attrezzata analisi al riguardo non sarebbe male, magari senza farne motivo delle solite furiose diatribe).

Nel mese di gennaio appena passato abbiamo avuto – rispetto al 31 12 2020 – un incremento di circa 14 mila nuovi contagi al giorno e di poco più di 350 morti al giorno, incremento forse in tendenza recessiva. 

2. LETTURE

Segnalo un coltissimo e “divertente” libretto (Il virus che ci rende folli, La Nave di Teseo, 2020) col quale Bernard-Henry Levy fa una specie di censimento dei colpi inferti durante questa strana crisi alle nostre metafisiche intime, ispirato dalla convinzione che un’epidemia è un fenomeno sociale che ha alcuni aspetti medici (come pare ritenesse Rudolf Virchow, padre dell’anatomia patologica).

Un piccolo saggio, dicevo, coltissimo; al punto che il senso di qualche riferimento mi è anche sfuggito…. non ostante la mia ben nota mostruosa cultura 😉; ma in ogni caso di gradevolissima e stimolante lettura.

[N.B.: dopo aver tanto avversato la mania degli emoticon (che mi parevano rivelatori di gravi insufficienze espressive) mi sono convinto che in qualche occasione possono anche tornare utili, senza con ciò mettere in dubbio il dominio delle parole cui dovremmo essere abituati; ricordo che mia madre – maestra elementare – mi insegnava che per iscritto non bisogna mai scherzare perché chi legge non vede la faccia di chi scrive. Però, allora non c’erano gli emoticon! E nemmeno i fulminei SMS o WhatsApp, nei quali le parole scorrono così veloci]

Roma 1° febbraio 2021

 

 

 

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