domenica 21 febbraio 2021

Un'opinione

…..fra le tante

(di Felice Celato)

Per certi aspetti il timing di questa crisi politica che si è appena conclusa nei suoi aspetti formali è indicativo della sua potente “ambivalenza”: dipanatasi nel corso del carnevale - così iconico per l’atteggiamento “politico” del paese -, si è conclusa nei primi giorni della quaresima, a loro volta rappresentativi della situazione che viviamo e che ancora incombe sui nostri destini. La quaresima, per noi cattolici, è tempo di conversione, di metànoia, dicevamo qualche giorno fa. E il cambio di mentalità (metànoia, appunto) è la sfida che innerva la scommessa sul nostro futuro e che – auspicabilmente –  sta alla base dei profondi rivolgimenti “politici” cui abbiamo assistito, con trepidazione, speranza e cautela.

Abbiamo vissuto per molti anni l’estenuazione dell’agone democratico nei suoi riti elettorali, durante i quali vengono messi a punto e “collaudati” gli slogan destinati ad influenzare le legislature e continuamente  fatti riecheggiare con mille mezzi mediatici. Seguono poi – ordinariamente e nel durante – l’incoerente povertà delle azioni (per l'inadeguatezza di chi dovrebbe metterle in campo) e le agitazioni psicomotorie delle pubbliche opinioni, “misurate” quasi quotidianamente nel loro mutevole atteggiarsi e spesso eccitate da una informazione pregiudizialmente schierata sull’esaltazione di una continua inclinazione al peggio (copyright Censis, qualche anno fa). In questo teatro chiassoso, il muto declino del paese ha “mimato” ogni giorno, per molti anni, il suo dramma allarmante, che solo di tanto in tanto è riuscito a sfondare il muro del rumore e ad arrivare alle teste dei vocianti.  “Grazie” alla pandemia e alle sue spaventose implicazioni sociali ed economiche, stavolta il “mimo” ha ottenuto attenzione, determinando i rivolgimenti politici cui accennavamo. Che si tratti di episodiche “damascate” (cfr. post del 7 febbraio scorso) o, invece e sperabilmente, della famosa metànoia di cui abbiamo estremo ed urgente bisogno lo vedremo nel prosieguo; e lo vedremo nelle azioni di chi ha ricevuto le “chiavi della macchina”; ma soprattutto da come esse saranno vissute nel tessuto profondo della nostra collettività. Lo dico subito: ho molta fiducia in molti degli uomini posti a guida del paese e, soprattutto, nel saggio, colto, competente, riservato, cauto e “prestigioso” uomo che, nel linguaggio comune, sarà l’eroe eponimo di questo nuovo governo. Ma non c’è Salomone che regga se la nostra società seguiterà a rivolgere lo sguardo verso i vitelli d’oro che i vari Geroboamo collocano al centro delle nostre convivenze per suscitarne il culto.

Dunque, forse come sempre e come è ovvio, l’avventura del Governo Draghi resta affidata più al paese che agli uomini che si apprestano a guidarlo, per quanto saggi siano; e per questo trepidazione, speranza e cautela sono d’obbligo per chi non voglia rimanere indifferente alle vicende che ci sono proprie e, al tempo stesso, non illudersi ancora. 

Forse un operoso silenzio è difficile attenderselo subito; e sarebbe anche innaturale per un popolo da troppo tempo amante del vociare. Ma la coscienza del baratro sembra essersi fatta strada anche nelle dure cervici dei nostri Geroboamo e dei loro fedeli adoratori di vitelli d’oroLa responsabilità di avviare una Nuova Ricostruzione, come ha detto il nuovo Presidente del Consiglio al Senato, postula l’apporto di tutti, nella distinzione dei ruoli e delle identità ma anche nella chiarezza e saldezza delle nostre appartenenze. Non è, forse, vacuo ottimismo l’attendersi che questo apporto possa finalmente avvenire. (Ma, come dicevamo qualche giorno fa, anche l’ottimismo è un esorcismo, contro l’ineludibile nostra ignoranza del futuro.)

Roma, 21 febbraio 2021

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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