domenica 23 agosto 2020

Paradossi agostani / 2

I bersaglieri del referendum

(di Felice Celato)

I paradossi d’agosto, si sa, ispirati dal caldo canicolare e – talora – dal canto delle cicale (quelle vere, intendo!), non meriterebbero che fosse loro attribuita troppa importanza: intanto perché trattasi appunto di paradossi (dal Dizionario Treccani: affermazione, proposizione, tesi, opinione che, per il suo contenuto o per la forma in cui è espressa, appare contraria all’opinione comune o alla verosimiglianza e riesce perciò sorprendente o incredibile ); e poi perché, come dicevo, ispirati dal caldo e dalle cicale.

Eppure il post di qualche giorno fa (1° agosto) ha suscitato fra gli amici lettori diverse (ed in parte inattese) reazioni: alcune evidentemente dettate dalla scarsa confidenza coi testi Vetero-Testamentari (e così ho provveduto privatamente a far pervenire ai curiosi il bellissimo passo dall’A.T. - Gn. 18, 20-33 -  dal quale avevo tratto la citazione Abramitica; nell’occasione ho anche promesso di regalare una Bibbia a chi ne fosse sprovvisto); altre, invece, dettate dalla (benedetta!) voglia di amici/lettori di disputare sul senso del paradosso (e anche qui ho provveduto a mantenere vivo il discorso con mail e telefonate, spero non sgradite).

Ma, per la verità, non era mia intenzione di ritornarci sopra in questa sede, almeno fino a referendum celebrato; senonchè…

Senonché, sul Corriere della Sera di oggi mi è capitata sott’occhio una intervista della giornalista Paola Di Caro ad un esponente del PD (di non secondario livello e di non trascurabile profilo intellettuale), l’ex Ministro Maurizio Martina, nella quale l’ex Ministro ed ex Segretario del partito, per cercare – con generosità e coraggio – una logica all’oscillante e poliedrico parere del suo partito sulla legge oggetto del referendum, usava un’espressione che vale la pena di riportare per intero: "È vero che sarebbe stata preferibile una riforma più ampia e strategica, ma tra non cambiare nulla ancora una volta e aprire una breccia che porti a un Parlamento riformato io scelgo la seconda via" (cioè quella della breccia).

Forse (anzi, senza forse: ne sono sicuro) l’ex Ministro non si è reso conto del fatto che, per la consultazione del 20 settembre, sarebbe stato meglio proprio non usare la parola breccia, che evoca ben altra breccia di storica memoria, quella sempre del 20 settembre ma del 1870, quando, appunto, i bersaglieri del generale Cadorna entrarono nella Roma Papalina aprendosi un varco sulle mura di Porta Pia. 

E ancora una volta il paradosso agostano è riapparso alla mia mente: alla breccia di Porta Pia si fa risalire la nascita della Questione Romana, cioè la controversia sul ruolo della città di Roma fra lo Stato risorgimentale e la Chiesa Cattolica, alla cui soluzione si applicarono con diversa lena Presidenti del Consiglio del calibro di Depretis, Crispi e Giolitti e Papi quali Pio IX, Leone XIII, Pio X e Benedetto XV; finché un uomo della Provvidenza (il cav. Benito Mussolini) non vi pose fine, nel 1929, quasi 60 anni dopo l’apertura della breccia, firmando – con Pio XI – i famosi Patti Lateranensi, entrati poi (siamo nel 1947, cioè 77 anni dopo la breccia) a far parte, sia pure per relationem, della nostra Costituzione (art 7).

Speriamo che i vigorosi bersaglieri del referendum intravveduti (ed auspicati) dall’ottimo onorevole Martina non abbiano obbiettivi di così lunga durata e di così complesso cammino; e, soprattutto, che non suscitino nostalgie di analoghi eventi “provvidenziali” sui quali costruire l’evoluzione della Costituzione.

Roma 23 agosto 2020

 

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