sabato 8 agosto 2020

Letture agostane

Per lettori di gusti diversi

(di Felice Celato)

Eccomi qua per tre brevi segnalazioni destinate a lettori con diversi interessi (o con i miei stessi diversificati interessi). Tre libri altamente raccomandabili nel loro diverso genere.

Cominciamo col primo dei tre saggi in segnalazione oggi. Di Paolo Borruso segnalo agli appassionati di storia Debre Libanos 1937- Il più grave crimine di guerra dell’Italia (Laterza, 2020). Si tratta di un saggio storico, scritto con tutte le attenzioni dello storico di mestiere (scrupolosa analiticità, documentazione solida, attenta valutazione delle fonti, etc), su un episodio poco noto della nostra storia di aspiranti colonizzatori, incentrata – stavolta – sulla conquista dell’Etiopia sul finire degli anni ’30 del secolo scorso (dunque meno di 100 anni fa!). Un libro da leggere con attenzione, specie da chi abbia dimenticato le colpe del fascismo e il travolgimento dei sensi dei cittadini quando l’ideologia cattura la società, e per chi ancora coltivi il mito degli “Italiani brava gente”: gli Italiani come ogni altro popolo nel corso della sua storia sono stati capaci di efferatezze che, per la loro natura, non ci distinguono molto da quelle che oggi amiamo collettivamente attribuire al nazismo (il degno compagno del fascismo nel secolo breve); e il massacro di Debre Libanos (un paio di migliaia di etiopici uccisi “a sangue freddo”, in gran parte religiosi cristiani, una violenta propaganda razziale, profanazioni e ruberie, con una coda non trascurabile di successive persecuzioni ed esecuzioni sommarie) ne è una drammatica testimonianza. Il libro va anche letto con attenzione alla storia ed ai personaggi inquietanti che vi si aggiravano. Non è il caso di tentarne una sintesi. Mi limiterò a riportare, per il suo valore morale, così come è citata nel testo, la raccomandazione rivolta ai suoi sudditi dall’imperatore Hailé Selassié – un figlio del cristianesimo etiopico, che la propaganda fascista aveva dipinto come un ras dispotico e selvaggio – non appena reinsediatosi sul trono (gennaio 1941) dal quale era stato rovesciato dai feroci “colonizzatori” fascisti: Io vi raccomando di accogliere in modo conveniente e di prendere in custodia tutti gli italiani che si arrenderanno con o senza le armi. Non rimproverate loro le atrocità che hanno fatto subire al nostro popolo. Mostrate che siete dei soldati che possiedono il senso dell’onore e un cuore umano [..] In modo particolare, vi raccomando di rispettare la vita dei bambini, delle donne e dei vecchi. Non saccheggiate beni altrui anche se appartengono al nemico. Non bruciate case. Quando vi ordino di rispettare tutto ciò, lo faccio perché il mio cuore mi dice che il popolo etiopico non è inferiore a nessun altro nel rispetto delle leggi di guerra; leggi che l’Italia fascista aveva orgogliosamente e sanguinariamente calpestato.

Seconda segnalazione, per gli appassionati di rapporti fra fede e cultura: di Michel Paul Gallagher SJ e Gabriele Palasciano: Credere e non credere - La fragilità della fede nel mondo di oggi (EDB, 2017). Si tratta di un testo molto complesso che ripercorre, con profondità e attenzione dialogica, le vicende degli ateismi nel mondo contemporaneo, facendone una sintesi dal punto di vista culturale e teologico, senza trascurarne la prospettiva pastorale. Anche qui, una sintesi sarebbe molto  difficile, tale è la vastità degli approcci; mi limito a segnalare due capitoli che ho trovato, fra gli altri, di grande qualità: il primo, Per una teologia dell’ateismo – L’elaborazione di Karl Rahner e di Joseph Ratzinger è – a mio giudizio – una magnifica sintesi del pensiero in materia dei due grandi teologi (che mi sono particolarmente cari), assai sensibili al tema della fede non mondo d’oggi, cui hanno dedicato pagine indimenticabili; il secondo, Per una pastorale rinnovata, disegna, seguendo il pensiero del teologo americano James Fowler, una traccia di storia della sensibilità religiosa nella psicologia dell’uomo contemporaneo, associabile, più in generale, alla storia della cultura a proposito del suo rapporto con la fede.

Infine una terza segnalazione destinata ai cultori della libertà (anche) economica (ai quali mi ascrivo senza esitazioni): di Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro: Contro il sovranismo economico (Rizzoli, 2020, e-book). Un testo sereno ed argomentato sulle varie forme di statalismo che il mondo ha via via sperimentato senza averne valutato appieno le implicazioni di lungo termine; ma anche un testo inquietante quando si volge ad esplorare cosa c’è dietro l’angolo, soprattutto a valle dell’esperienza pandemica che viviamo  e delle “ricette” che si diffondono  per uscirne dal punto di vista economico.

In margine a questa lettura (che raccomando come analettico respiratorio, assai utile in questi tempi soffocanti) mi viene in mente una considerazione che mi sono trovato a fare con alcuni amici che mi chiedevano la mia opinione sull’ormai noiosa questione della ideale quantità massima e minima di presenza dello stato nell’economia, considerandomi, forse, non certo un ammaccato eroe dei due mondi ma almeno un pellegrino nei due mondi (in fondo i molti anni di lavoro nel mondo delle imprese a controllo pubblico e, poi, nel mondo di quelle super-private, il titolo di “pellegrino nei due mondi” un po' lo giustificano). A mio parere il problema ha cessato di essere (almeno per ora) un problema di politica economica per diventare, appieno, un problema sociologico: con le modalità di selezione della classe politica che ci troviamo, quanto più lo stato viene ristretto alle sue essenziali funzioni (difesa, giustizia, scuola, tassazione, tutela della libertà dei mercati, protezione dei più deboli, etc) tanto più potrà prosperare la nostra stanca società e tanto meglio verrà conservata la libertà.

Orbetello, 8 agosto 2020

 

NB: tre segnalazioni in un solo post….imponevano qualche parola in più delle consuete 750 (circa). Ne domando scusa ai lettori.

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