mercoledì 13 maggio 2020

Divagazioni politico-lessicali

Consenso e con senso
(di Felice Celato)
Come sanno i miei 24 lettori (….uno in meno di quelli del Manzoni, per il dovuto rispetto al sommo scrittore) mi piace divagare fra le parole. E il contesto (Dizionario Etimologico Nocentini, Le Monnier, editore: dal latino textus -us tessuto, intreccio) ci insegna che il consensus, il consenso, è diventato – per carità, anche a ragione – la bussola della nostra politica, orientata non più e non solo dal “rito” democratico per eccellenza (le elezioni), ma anche dal mutevole oscillare quotidiano delle cosiddette pubbliche opinioni (della gente comune, nel lessico triviale della televisione).
E dunque vale la pena di ragionare sul consenso. L'ottimo Vocabolario Treccani (meritoriamente accessibile a tutti su Internet) ci fornisce un’ampia articolazione del significato della parola consenso (vedasi alla voce http://www.treccani.it/vocabolario/consenso); mi soffermo su quello riferito al linguaggio politicoappoggio, favore espresso da gruppi e strati sociali alla politica di chi è al potere; esempi: il consenso dei ceti medi al programma delle riforme ; partito che ha ottenuto un largo consenso di voti, un ampio consenso elettorale; organizzazione del consenso, azione svolta da istituzioni e persone influenti per assicurare il favore di larghi strati di opinione a chi esercita il potere.
Sono certo di aver qui citato più volte il bellissimo libro (nemmeno tanto recente, essendo stato pubblicato nel 2003 da Norton & Co.) di Fareed Zakaria, The future of freedom, che svolge una magnifica rassegna storica e contemporanea dei risvolti inquietanti della “regola del numero” applicata alla qualità delle democrazie (su un eloquente piano non politico, per esempio: the democratic revolution coursing through society has changed our very definition of culture.  The key to the reputation of, say, a singer, in an old order would have been who liked her. Today is how many like her….quantity has become quality. Così, nota Zakaria, Madonna può essere apprezzata più di una grande soprano). Non è il caso di ulteriormente argomentare al riguardo, specie nel contesto in cui viviamo e considerate le opinioni politiche che ci vengono quotidianamente propinate dai nostri consensus’ hunters, mutevoli spacciatori di provvisori indirizzi e di incerte azioni (sempre “tattiche”). [Scrive sempre Zakaria (parlando degli USA, beninteso!) che oggi saggiamente we expect very little of those in positions of power, and they rarely disappoint us.]
Fatto sta che ogni forma di consenso, tanto più quando largo, mi mette in allarme, spesso estremo. 
Sento già tuonare i miei amici (anzi amicissimi) di sinistra (e perciò, naturalmente, innegabilmente, incrollabilmente e puramente democratici!) che – messi alle strette sui rischi della “regola del numero” – attingono ad un famoso aforisma di un vecchio conservatore anti-socialista  come Churchill, affermando che la democrazia è, in effetti, la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora. Sia chiaro: sarebbe veramente difficile dar loro torto! E proprio non me la sentirei, nemmeno per amore della polemica, di abbracciare un’opinione opposta a quella dei miei amici (e di Churchill).  Solo mi meraviglia che quando si parla di economia, i miei amici levogiri non siano egualmente pronti a riconoscere che il capitalismo è la peggior forma di generazione di benessere, eccezion fatta per tutte quelle altre forme finora sperimentate.
Bene, tornando al consenso, in un estremo tentativo di…appunto consenso coi miei ipotizzati contestatori, provo ad affacciare una condizione per adorare, anch’io senza riserve, la “regola del numero” (talora nota come uno vale uno): che almeno il consenso implichi necessariamente il “con senso”(sempre dal Vocabolario Treccani, voce senso, significato 4.d: contenuto logico, contenuto d’idee sostanzialmente valido) : si può consentire coi più, a patto che la loro opinione postuli la sussistenza di un senso!
Il che non sempre avviene; guardando ai recenti (e non solo recenti) indirizzi del nostro povero paese, direi meglio: il che ben raramente avviene (e non solo in tempi di peste quando, come diceva il Manzoni, anche se il buon senso c’è, se ne sta nascosto per paura del senso comune).
Roma 13 maggio 2020


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