venerdì 20 settembre 2019

Ne la belletta negra

Un vizio dell’età?
(di Felice Celato)
Dopo che per una vita, come ogni buon baciapile, mi sono guardato – con differenziato successo – dai cosiddetti sette peccati capitali (superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira ed accidia, matrici di ogni peccato) eccomi, nella parte finale dell’esistenza, a fronteggiarne uno insidioso e, per qualche aspetto, forse vincente (spero, almeno, temporaneamente). Certo l’ira e la gola mi hanno visto più volte, nel corso di tanti anni, soccombere al vizio; ma anche pronto al pentimento repentino, sicché – mi auguro – il buon Dio vorrà perdonarmi (ma la bontà infinita ha si gran braccia – scrive Dante – che prende ciò che si rivolge a lei), quando tirerà le somme della mia esistenza. Il fatto però che mi preoccupa è che, quando l’età tarda dovrebbe indurre ad una maggior confidenza con le corrispondenti virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), mi sento invece sempre più avvinto da un senso di accidiosa intemperanza.
Del resto, sempre il buon padre Dante, sulla scorta delle sue letture tomistiche, pone insieme, nell’Inferno (Canto VII), gli iracondi e gli accidiosi, come se l’accidia sia, appunto, una forma di ira triste (Fitti nel limo, dicon: tristi fummo / ne l’aere dolce che dal sol s’allegra / portando dentro accidioso fummo:/ or ci attristiam ne la belletta negra, nella fanghiglia, nella melma); e l’ira, l’ho già detto, è senz’altro il vizio capitale che più mi ha tormentato (insieme alla gola, direbbe la mia bilancia), sicché l’accidia potrebbe esserne la senile manifestazione. Scrivono però due illustri commentatori danteschi (Umberto Bosco e Giovanni Reggio) che è ovvio che questi iracondi amari e difficili siano degni di maggior punizione dei loro compagni più impetuosi, ma meno pericolosi perché non covano a lungo la loro ira. Ma, sperando che si sbaglino, mi viene da invocare, a mia parziale discolpa, proprio quello che dicevo poco fa: in fondo l’accidia può essere la naturale evoluzione senile dell’ira (che - dicono i due dantisti – è meno grave dell’accidia). Ma l’età c’è tutta! E poi, stiracchiando san Tommaso, gratia supponit naturam!
Come che siano da inquadrarsi le nostre futili idee della giustizia e della misericordia divina, l’accidia, questo demone della notte (copyright: Pierangelo Sequeri, su Avvenire.it, del 6 luglio 2012), era già conosciuta dagli antichi monaci della Tebaide (allora come demone meridiano perché, pare, subentrasse nell’animo dei monaci proprio verso la metà del giorno) e descritta come un’irrequietezza arida, uno scoramento pigro, una strana mescolanza di tedio e di risentimento (ancora Sequeri, ibidem), una perdita di senso dell’agire, quasi una noia della pratica delle opere buone che intorpidisce progressivamente la disposizione a incominciarle (sempre Sequeri, citando san Tommaso).
Venendo all’oggi, mi sembra proprio di essere - magari meno iracondo che in gioventù - ma certamente malato di accidia! Tralascio la descrizione analitica dei sintomi più banali (dall’irrequietezza nelle letture, alla inusitata fatica per molte di esse, fino a poco tempo fa divorate e anche predilette, al tedio fastidioso per ciò che si legge o si sente dire, alla pigrizia nelle devozioni religiose e persino all’anomala concentrazione nel banale sollazzo del futile golf); e non voglio nemmeno assolvermi da ogni colpa per questa caduta di tensione che è troppo facile attribuire all’età (in fondo, la vecchiaia in salute mi era sempre sembrata una condizione ideale per coltivare gli interessi che in gioventù erano ostacolati dal tempo e per emendarsi da ogni vizio). Però – come ultima illusione di una causa che renda più lieve la colpa – mi domando e vi domando: ma non sono forse i tempi correnti (la loro vacuità pericolosa, la loro leggerezza irresponsabile, la loro verbosità rancorosa, la loro rumorosa fatuità valoriale, etc.) a rendere l’accidia un’inevitabile forma di disgusto? La belletta negra in cui viviamo non è già un anticipato contrappasso che forse il buon Dio vorrà portare in detrazione della pena, altrimenti meritata?
Roma 20 settembre 2019, anniversario della breccia di Porta Pia.






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