L'alta valle del Tronto
(di Felice Celato)
Pur
non avendone vissuto direttamente alcuno - per mia fortuna - se non per manifestazioni periferiche di
fenomeni lontani, sono portato a credere che il terremoto sia una delle
esperienze più terrificanti che possa capitare di vivere.
Il fatto
che la terra – da sempre il luogo solido che sta sotto i nostri piedi e, allo
stesso tempo, la metafora del nostro radicamento nel mondo – possa, per
invisibili moti interni e fra cupi boati che salgono dal profondo, oscillare
fino a radere al suolo ogni traccia delle vicende umane e naturali che si
svolgono sulla sua superficie, non può che lasciare sconvolti - credo - chi,
per sua sventura, se ne trovi al centro e ne abbia dovuto assaporare fino in
fondo il senso di impotenza che suscita. E lo sciame di polvere e di dolore che
segue alle scosse più vigorose, da sempre, inquieta chi (come me) si ostina a
credere che la nostra vita in qualche modo sia osservata da Chi è in grado di
coglierla dall’alto e da dentro; e da Chi conosce anche le viscere della terra
dalla quale ci ha estratto. Eppure, come sempre, il dolore innocente del bimbo
travolto dalle macerie ci interroga sull’occhio di questo Osservatore non
disinteressato: dove stava volgendo lo sguardo?
Non
si sa (state contenti, umana gente, al
‘quia’, chè se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria.
Dante, Pg. III,27). Nè si saprà mai perché, anche se Glielo abbiamo chiesto
tante volte, immaginando e temendo una triste giustizia (…oppure quei diciotto, sui quali cadde la torre di Siloe e li uccise,
credete che essi fossero più debitori di tutti gli uomini che abitano a
Gerusalemme? No, vi dico…Lc 13, 4-5); ma il terremoto ci pare comunque un act of God, anche se è solo un banale assestamento del suolo, perché la
scia di distruzione e di morte che porta con sé esprime plasticamente la
piccolezza dell’uomo, la fragilità del suo destino e la precarietà del suo star
ritto sulla terra.
Il
giorno dopo, quando la televisione del dolore è già diventata quella delle accuse
e l’act of God un “fascicolo” aperto
in qualche procura, ci restano, negli occhi di questi ultimi giorni d'estate, le macerie, i pochi pianti, la mano
adagiata sul collo del soccorritore dell’ultima bambina estratta (viva!) da sotto le
pietre, la bellissima alta valle del Tronto diventata un cimitero, i volontari e i pompieri che scavano, i giornalisti che vagano fra le pietre.
Roma
26 agosto 2016
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