“La mentalità di questo secolo”
(di Felice Celato)
"Non conformatevi alla
mentalità di questo secolo": da qualche tempo vado rimuginando questo
monito di San Paolo (Rm, 12, 2) che, prendendo le mosse dalla “novità” spirituale
del Cristianesimo, acquisisce tuttavia – così mi pare – un’attualità perenne ed
una straordinaria portata intellettuale ed esistenziale, soprattutto oggi,
nell'età dei media omogeneizzanti e
delle grandi masse che si pretendono “informate” e che vogliono essere “à la page”, ponendoci, in qualche modo, in
drammatica tensione interiore con tutto ciò che ci circonda e ci tenta con le
malìe dell'assimilazione culturale e le trappole del pensiero aggregato.
[Mi è tornato in mente –chissà perché proprio stamane – mentre
scorrevo la quotidiana razione di parole che la “mentalità di questo secolo”
genera “in automatico”, come per default,
anche quando solo si narra qualcosa, per lievitare leggera fra le teste degli
uomini “informati” o per adattarne i sensi al tempo che – così pare – cambia....sicuramente in meglio.]
Mantenersi in contrasto con la mentalità dominante è un esercizio
umanamente difficile, anzitutto perché solitario e "impopolare"; ma poi anche
metodologicamente difficile: come si fa a non conformarsi alla mentalità di
questo secolo senza risultare fuori del tempo, fuori del coro, in qualche modo
stonati, fuori del "mondo"
come lo sarebbe un anacoreta che però vive nel mondo? Come si fa, appunto, ad
essere fuori ma da dentro, cioè da dove siamo fisicamente, temporalmente,
esistenzialmente?
Diciamo che, forse, anzitutto occorre avere nella mente, nell'anima
e nel cuore un altro mondo, un altro
"secolo" , un altrove, un punto di riferimento estraneo a questo
mondo, "secolo", tempo; e questo già non è facile, anche se può molto
aiutare aver almeno maturato una ferma concezione dell'uomo e della vita.
E poi occorre saper coltivare assiduamente un sano distacco da ciò
che è di questo mondo, di questo "secolo", di questo tempo: un
distacco non fatto necessariamente di contemptus mundi ma sicuramente di
cosciente alteritá, di non appartenenza (essere
nel mondo senza essere del mondo, direbbe San Giovanni), direi di vera
libertà dello spirito (e della mente).
La coltivazione di questo distacco è un esercizio che si può
proporre a noi stessi quotidianamente, ri-leggendo ogni manifestazione di
questo mondo ormai tanto rumoroso nella logica dell'alterità, del sentirsi ad
un tempo contemporaneo ma non omogeneo, non "normalizzato", come i
cristiani della lettera a Diogneto che "vivono nella loro patria come forestieri, partecipando a tutto come
cittadini e da tutto distaccati come stranieri ".
Poi, per carità, dattorno tutto continuerà a fluttuare come sempre,
tutto ci verrà presentato come ovvio, scontato, indiscutibile, politically correct, perché la nebbia
del “secolo” ottunde ogni discrepanza. Ma il monito di san Paolo – ne sono
certo – continuerà a ronzare nella testa di coloro che non si assoggettano al
pensiero aggregato e alla futilità del suo argomentare; e per loro sarà,
magari, una guida critica che preserva dall’omologazione e allontana dalla
banalità.
Roma, 21 settembre 2014, arriva l’autunno.
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