giovedì 28 agosto 2014

La "legge" di Gresham

Parole e inflazione
(di Felice Celato)
Dominique Moïsi, un eminente politologo francese, ha riassunto secondo me benissimo la situazione in cui vive il mondo, o almeno l’Europa: “Nous vivons dès crises exceptionnelles avec dès dirigeants qui ne le sont pas”. 
E in questo contesto, ignorando la portata meta-monetaria della famosa legge di Gresham ( "bad money drives out good", la moneta cattiva scaccia quella buona), ci difendiamo (o meglio: crediamo di difenderci) con valanghe di parole; e le parole, non diversamente dalle monete, quando invadono “il mercato della comunicazione” in dosi massicce, perdono il loro valore intrinseco, talora addirittura il loro significato. E così le commerciamo freneticamente, mettendo da parte – quando, raramente, ci rendiamo conto della realtà – la moneta buona dei significati (che, forse, prima o poi torneranno utili).
In questi tardi giorni d’estate, con l’autunno – pare – precocemente alle porte, ascoltando i discorsi dei politici di ritorno da una (ahimè!) breve pausa di riflessione, mi è venuta in mente questa amara constatazione che, parafrasando Gresham, riassumerei dicendo “le parole vuote scacciano quelle piene”.
La Francia, che per tanti aspetti assomiglia all’Italia, ne sta prendendo coscienza; è di ieri la dichiarazione del premier francese Manuel Valls che ha suscitato tanto liberatorio consenso: “la Francia ha vissuto per 40 anni al di sopra dei propri mezzi”. 
Se sono veri i famosi tre numeri della Merkel (“l’Europa ha il 7% della popolazione mondiale, il 25% del PIL globale e il 50% delle spese  totali per welfare”), “la verità” di Valls, lungi dal valere solo per la Francia e (a maggior ragione!) per l’Italia super-indebitata, vale certamente per tutto il nostro continente, consegnandoci una situazione estremamente complessa che richiederebbe un profondo ridisegno dei perimetri dell’azione degli Stati, mentre la crisi politico-demografica del Mediterraneo scuote dalle fondamenta anche il recinto del nostro apparente benessere e, all'interno di esso, i populismi più sfrenati propongono grossolane scorciatoie.
In questo quadro, certamente difficilissimo (bisogna riconoscerlo, a mitigazione dell’insufficienza dei nostri politici), non ho ancora ascoltato, da noi, parole adeguate (che, in mancanza di fatti, sarebbero già qualcosa!); seguitano invece a circolare freneticamente “le parole vuote”, la moneta cattiva che ci avvelena la comprensione di problemi e ne rende perfino troppo ardua la soluzione.
Qualche esempio? Beh, è veramente difficile farne: Grillo, Berlusconi, Brunetta, ma anche Renzi, Alfano, Orlando, Tosi e i tanti altri che abbiamo “ascoltato” in quest’estate hanno offerto un tale campionario di “parole vuote” che viene difficile sceglierne qualcuna. Del resto, quando ancora circolava la lira, chi era in grado di indicare  una singola cosa che valesse una lira?
Roma, 26 agosto 2014


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