Sempre sul principio di realtà
(di
Felice Celato)
Solo
un paio di settimane fa, facendo forza a me stesso, esprimevo la speranza che
il principio di realtà tornasse a prendere, nelle menti dei nostri governanti,
il posto occupato dal principio di percezione.
In
questi quindici giorni sono suonati – direbbe “il bravo giornalista” – diversi campanelli
d’allarme che – se non siamo definitivamente impazziti – dovrebbero favorire
questo ritorno alla realtà, dal quale, come dicevo, è lecito attendersi
risultati in linea con la gravità della situazione e ancora, in extremis, alla portata del nostro
paese. Vediamone tre o quattro: (1) l’Italia continua a non crescere, anzi a
regredire (cala il PIL ed aumenta il debito pubblico). Nessuno dei temi
rilevanti ai fini della ripresa dello sviluppo è stato seriamente affrontato;
si è preferito (è il primato della politica, direbbe il sindaco di Firenze
Nardella!) anticipare a questi l’avvio – con spirito e modi del tutto inadatti
alla materia – della più vistosa e meno urgente riforma del superato
bicameralismo perfetto che sta lacerando
il Parlamento ed occupandolo con vergognose sceneggiate destinate, ahinoi!, a
protrarsi nel tempo (siamo solo alla prima lettura! sulle quattro necessarie!) distraendoci dalle vere
urgenze. (2) Il presidente della BCE, l’italianissimo Draghi, dice chiaramente
che i paesi che non riescono a fare quello che altri nelle nostre condizioni
hanno già avviato, dovrebbero considerare la possibilità di cedere sovranità
all’UE in materia di riforme strutturali ad impatto economico; in altri
termini: “ragazzi, se non siete capaci di fare ciò che va fatto e subito, passate la
mano e l’Europa provvederà!”. (3) La situazione politica nell’estremo est
dell’Europa comincia a profilare misure di ritorsione commerciale sicuramente
impattanti sulle nostre esportazioni. (4) Sulla stampa nazionale ed internazionale
cominciano a fioccare le critiche alla nostra inefficacia; è legittimo pensare
che dai giornali le critiche rifluiranno nelle opinioni degli “ opinionisti
tecnici”, con possibili effetti sul famoso spread
(per memoria orientativa: il debito pubblico è di 2100 miliardi; cento basis points di maggior costo del nostro
debito valgono 21 miliardi all’anno, sull’intero stock; sul debito in scadenza potrebbero valere 3-4 miliardi
all’anno).
Credo
possa bastare. E continuo a sperare che basti.
Roma,
8 agosto 2014
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