venerdì 24 agosto 2012

Ferragosto 2012

Divagazioni d’estate 
(di Felice Celato)

Le Olimpiadi sono terminate. Il bellissimo spettacolo di tante eccellenze fisiche e psico-fisiche ci ha (fortunatamente) distratto per una lunga quindicina di giorni dagli affanni e dalle beghe tristi del nostro Paese, offrendoci il senso consolante di una ricca umanità fatta, sì, di eccezionali prestazioni fisiche, ma anche di sentimenti forti e dolci: penso all’”anziano” velocista dominicano che, al termine di una vittoriosa galoppata, ha estratto da sotto la  canottiera la foto della sua famiglia sulla quale ha pianto commosso, di un pianto irrefrenabile che è durato per tutta la premiazione; penso al giovane ingegnere tiratore scelto di carabina che commenta la sua medaglia d’oro dicendo che più che il metallo ha apprezzato l’occasione e la fortuna di vivere una grande emozione collettiva; penso al super-uomo giamaicano della velocità podistica che, conscio di aver fissato i (per ora) insuperabili limiti umani, guarda intensamente al cielo prima di scattare, segnandosi, con lo sguardo rivolto verso Chi non ha limiti; penso all’entusiasmo delle fiorettiste marchigiane, alle medaglie del Kazakistan, al pianto dirotto di chi ha perso, magari per un soffio, alle tante storie umane di chi, nato in Paesi meno fortunati del nostro, come il maratoneta ugandese, ha lavorato a testa bassa nella lunga preparazione, in condizioni ambientali difficilissime. E penso anche al pianto del marciatore “dopato”, oppresso dal peso del ruolo di protagonista a tutti i costi.
Quando saranno definitivamente finite anche negli echi delle vacanze, le Olimpiadi ci restituiranno ai problemi ed alle mene nostrane, alle promesse pre-elettorali di nuove promesse elettorali, alle retoriche vuote di chi  vuole al centro della sua politica il problema dello sviluppo o di chi invece ci vuole il lavoro, per illuderci ancora che il declino può essere arrestato dai sogni e dalle chiacchiere.

Scarso di letture appassionanti (quest’anno la scelta delle letture d’estate non è stata, finora,   particolarmente felice, se si eccettuano un libro di Krugman sulla crisi economica – bello ma non nuovo per chi segue il dibattito economico e il pensiero del premio Nobel per l’economia – e un complesso romanzo di E.E. Schmitt, La donna allo specchio, del quale ho apprezzato la tecnica narrative ma non l’argomento), mi sono trovato a riflettere su una citazione sul problema del peccato del filosofo Tullio Gregory (“laico” come dice il giornalista che riporta l’etichetta, come dicesse italiano, o marchigiano o chissà quale altro certificato di origine controllata)  citazione  che riporto a memoria e, quindi, forse solo sommariamente: “ se c’è provvidenza non c’è libertà e quindi non c’è peccato; se non c’è provvidenza, e quindi non c’è Dio, allora ci sono libertà e peccato.

Essendo scarso anche di argomentari filosofici e del tutto privo, senza vergogna, di un certificato d’origine così nobile, ho frugato nella memoria, forse un po’ stantia (un vero filosofo ne riderebbe, tanto più se “laico”), di chi ha cercato (e ancora cerca) di capire a fondo il messaggio cristiano, alla ricerca di un qualcosa che valga a dissipare la stringente e lapidaria logica della citazione.

E mi è venuta in mente “solo” una parabola evangelica, molto bella, anzi, secondo me, fra le più belle, anche se spesso “sconciata” da predicatori banali: la parabola cosiddetta “del figliol prodigo” (Lc., 15, 11-32), che io chiamerei meglio “la parabola del padre buono”: “Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre…….” (inutile citarla per intero, utilissimo rileggerla spesso). Mi pare che lì ci siano provvidenza e libertà e peccato, senza esclusioni reciproche, anzi, fra loro legate in un mirabile chiasmo logico: provvidenza, libertà, peccato, provvidenza.

Tanti anni fa, un prete che non ho dimenticato ci parlò della solitudine del Padre  (e del padre) di fronte alla libertà dei figli. A distanza di anni e di esperienze ho realizzato che la solitudine del padre non esclude la libertà del figlio né il peccato né l’amore. Ma non sono un filosofo….

Orbetello, 14 agosto 2012

Nessun commento:

Posta un commento