sabato 21 luglio 2012

Attualità di personaggi storici


I masantoni (con la o chiusa)
(di Felice Celato)
Non occorre essere dei profondi cultori di storia patria per ricordare due personaggi storici, lontani nel tempo fra loro di oltre 1800 anni ma entrambi, ciascuno a suo modo, rappresentativi di due costanti culturali che ritroviamo vive anche oggi ma – e qui sta, ahimè!, il nostro peculiare – fuse fra loro in una curiosa simbiosi contraddittoria che mi pare incarnare non solo il “tipo” più pericoloso di “pensiero” politico dei nostri giorni italiani ma anche un atteggiamento psicologico assai diffuso, direi anzi popolare.
Il primo personaggio è Tommaso Aniello, meglio noto come Masaniello, un pescatore napoletano e contrabbandiere  analfabeta che, attorno al 1650, si trovò a capo di una molto effimera rivoluzione di popolo contro i poteri del tempo, più o meno chiaramente intesi, al grido di “mora ‘o malogoverno!”, prima di essere assassinato dai suoi stessi sostenitori per la stravaganza dei suoi comportamenti.
L’altro è il severo Marco Porcio Catone, detto il Censore (II secolo a.C.), resosi molto famoso, fino a costituirne quasi un simbolo ideologico, durante il periodo repubblicano della storia di Roma appunto per la severità inflessibile dei suoi giudizi e delle sue aspre critiche contro quelli che considerava i corrotti costumi del tempo nonché per il suo sentirsi la personificazione vivente dello spirito delle istituzioni romane.
Questi due archetipi, l’uno del populismo più esagitato, l’altro della più inflessibile severità di giudizio, si trovano oggi fusi in alcuni personaggi “politici” del nostro tempo (non occorre qui farne i nomi, tanto evidenti sono le loro caratteristiche) ma anche – e qui sta il nostro tarlo sociologico e culturale – in molte diffuse, labili psicologie  profondamente attecchite in quella che pomposamente siamo soliti definire “la pubblica opinione” e che invece direi meglio “la pubblica fermentazione”: il risultato di questa fusione ha dato vita al tipo umano dei  Masantoni (da pronunciare con la o chiusa, come una crasi sillabica fra Masanielli e Catoni), una specie di Giani bifronte che formulano asperrime critiche politiche in nome di sacri principi della legalità  e incarnano contemporaneamente un ribellismo antilegalitario contro imposte, gabelle, dazi e quant’altro sia espressione di un potere costituito, a loro giudizio, “contro il popolo”. Ma spesso i Masantoni  esprimono anche un altro bifrontismo, di natura – questo – più psicologica (ed etica) che “politica”, fatalmente incline all’applicazione di un metro di giudizio esigente ed intransigente quando rivolto al comportamento altrui (generalmente un “rappresentante” dell’establishment) ed uno, indulgente, scanzonato ed ammiccante quando rivolto ad un “rappresentato” (e, comunque, sempre a se stessi). Anzi, questi, sono i più diffusi soggetti della “pubblica fermentazione”, di solito instancabili compilatori di indignate lettere ai giornali (o di sgangherati commenti alle notizie) o frequentatori di pubbliche manifestazioni, alla ricerca di una qualche intervistina dell’immancabile cronistello televisivo, utile per esprimere una (sempre indignata) qualsivoglia ma ferma opinione.
Ebbene, oggi l’Italia mi pare largamente diventata un popolo di Masantoni, non solo nel suo milieu “politico” ma anche (e questo è assai più grave) in quello della “pubblica fermentazione”.
E ai Masantoni sfugge ogni complessità di ragionamento, ogni doveroso distinguo, ogni capacità di valutazione che non sia drasticamente manichea, ogni sentimento che non sia di indignazione. Siamo forse diventati un popolo di indignati senza dignità, come dal punto di vista psicologico siamo diventati una società di “soli senza solitudine” (Censis)?
Se questa lettura del nostro presente non è esagerata (e può benissimo esserlo!), c’è da domandarsi due cose: (1) c’è una responsabilità della comunicazione nella degenerazione della pubblica opinione in pubblica fermentazione? In fondo, non è forse vero che la pubblica opinione non esiste per virtù propria ma si determina e si coltiva con lo scambio delle opinioni, che non deve avvenire senza il “controllo” della ragione (e, aggiungerei, della reciproca carità, o, per dirla più laicamente, del reciproco rispetto)? (2) Se la “pubblica fermentazione” tornasse ad essere pubblica opinione, ci sarebbe forse da preoccuparsi dei Masantoni in politica?
Le mie risposte, ovviamente discutibili (come lo sono anche le domande): (1) Si. (2) No.
Roma, 21 luglio 2012



2 commenti:

  1. Caro Felice, su Tommaso Aniello consiglio la lettura del libro di Rosario Villari, "Un sogno di libertà. Napoli nel declino di un impero. 1585-1648", Mondadori, 2012. La rappresentazione mediatica di Masaniello diverge, e non poco, secondo Villari, dalla realtà storica del personaggio, certo molto contraddittorio e complesso, ma sicuramente meno ingenuo e stravagante di quanto non riportino le vulgate. Quindi, rafforzo la tua rifposta affermativa al secondo quesito. La responsabilità della comunicazione, ma direi anche e soprattutto della cultura, sul processo di degrado ideale e morale dei nostri tempi è drammaticamente elevato.

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  2. Il questito al quale dare risposta affermativa ancor più consolidata, evidentemente, era il primo

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