Un libro nostalgico ma anche speranzoso
(di
Felice Celato)
Sono
reduce da una lettura, per me, molto affascinante (Ettore Bernabei: L’Italia del “miracolo” e del futuro, Cantagalli
ed.). Pesa, senz’altro, sul mio sintetico giudizio, il fatto che conosco bene l’autore,
per il quale ho molta stima intellettuale e una grande ammirazione umana e del
quale conosco anche la capacità di entusiasmare e di entusiasmarsi, sia quando
abbatte giudizi massacranti su ciò in cui (a torto o a ragione) identifica il
male sia quando delinea scenari di speranza e palingenesi basati su una visione
del mondo che esige una fede forte, radicata in una singolare visione teologica
della storia di fronte alla quale mi viene naturale un grande rispetto ed una
certa reverenza.
Non
starò quindi a sceverare, nelle sue opinioni in materia di economia e di grandi
forze operanti nel mondo, quale mi sembri più precisa e quale più sommaria.
Tutte, le prendo come espressioni di una indomabile passione civile ed umana
(straordinaria in un ultranovantenne) e di una esperienza del mondo che so
sofferta e profonda ma sempre radicata in valori umani e religiosi che mi
verrebbe proprio difficile non riconoscere appieno.
Nel
raccomandarne la lettura (non saprei dire se ai giovani, che forse, non
conoscendo l’autore e la sua storia personale, ne troverebbero difficili da
accettare alcune forti opinioni; ma sicuramente ai più…attempati che vi
troveranno, accanto a valutazioni per loro più facili da accettare, anche molti
episodi dei loro tempi, vissuti in prima persona dall’autore e analizzati in
maniera sempre originale e mai ferma alla superficie dei fatti), nel
raccomandarne la lettura, dicevo, mi limiterò a riportare un gustoso episodio
citato nel libro che, nella babele che viviamo oggi, ha il sapore di un antico
senso dello stato e di un fervido contesto culturale, non lontano negli anni,
ma lontanissimo, quasi remoto, nei valori che l’hanno innervato: dunque si era
nel 1954 e il conte Marinotti era alla guida della Snia Viscosa, un gruppo cui
facevano capo attività tessili e anche la Pignone, società fiorentina che
deteneva il 14% del mercato mondiale delle turbine a gas. Gli americani,
racconta Bernabei (che non ama molto il mondo anglo-sassone), avevano imposto,
per proteggere i loro cotonieri, dazi pesantissimi sulle produzioni di filati
artificiali (il rayon) della Snia
Viscosa. Il conte Marinotti, sempre racconta Bernabei, riuscì a convincere gli
americani a lasciar entrare il rayon
in America, impegnandosi, per contropartita, a chiudere la Pignone, che allora
era la più grande impresa fiorentina e dava lavoro a circa 1200 operai.
Ovviamente si mobilitò l’intera città di Firenze contro la decisione del conte
Marinotti e la fabbrica fu occupata. L’allora Ministro degli Interni, Fanfani
(che poi, alla fine della storia, fece rilevare l’azienda dall’Eni di Enrico
Mattei), per scongiurare pericolose complicazioni di ordine pubblico, convocò
le parti (impresa e sindacati) ad una riunione a Roma; ma il conte Marinotti
fece rispondere che non avrebbe partecipato in quanto stava partendo per una
missione di lavoro all’estero. Che fece allora, l’energico Ministro degli
Interni? Diede ordine al prefetto di ritirare il passaporto al Marinotti!
[Altri tempi, direte voi! Certo, altri tempi. Ai nostri
tempi, men feroci e più leggiadri,
solo qualche anno fa, quando gli stewards
di una compagnia aerea si “diedero malati” in massa per supportare la decisione dei sindacati di non sedersi al
tavolo negoziale per trattare su un piano di ristrutturazione, rilasciammo
diverse centinaia di certificati medici senza che nessun Ministro di alcunché
si preoccupasse non dico di precettare “i malati” ma nemmeno di far verificare l’attendibilità
dei certificati!]
Forse
la narrazione di questo curioso episodio invoglierà qualcuno a leggere questo
libro; sono sicuro che ne resterà affascinato (anche senza necessariamente
condividere le tante idee che frullano tanto vivaci nella testa dell’autore).
Roma
4 luglio2012
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