mercoledì 4 luglio 2012

Letture


Un libro nostalgico ma anche speranzoso
(di Felice Celato)
Sono reduce da una lettura, per me, molto affascinante (Ettore Bernabei: L’Italia del “miracolo” e del futuro, Cantagalli ed.). Pesa, senz’altro, sul mio sintetico giudizio, il fatto che conosco bene l’autore, per il quale ho molta stima intellettuale e una grande ammirazione umana e del quale conosco anche la capacità di entusiasmare e di entusiasmarsi, sia quando abbatte giudizi massacranti su ciò in cui (a torto o a ragione) identifica il male sia quando delinea scenari di speranza e palingenesi basati su una visione del mondo che esige una fede forte, radicata in una singolare visione teologica della storia di fronte alla quale mi viene naturale un grande rispetto ed una certa reverenza.
Non starò quindi a sceverare, nelle sue opinioni in materia di economia e di grandi forze operanti nel mondo, quale mi sembri più precisa e quale più sommaria. Tutte, le prendo come espressioni di una indomabile passione civile ed umana (straordinaria in un ultranovantenne) e di una esperienza del mondo che so sofferta e profonda ma sempre radicata in valori umani e religiosi che mi verrebbe proprio difficile non riconoscere appieno.
Nel raccomandarne la lettura (non saprei dire se ai giovani, che forse, non conoscendo l’autore e la sua storia personale, ne troverebbero difficili da accettare alcune forti opinioni; ma sicuramente ai più…attempati che vi troveranno, accanto a valutazioni per loro più facili da accettare, anche molti episodi dei loro tempi, vissuti in prima persona dall’autore e analizzati in maniera sempre originale e mai ferma alla superficie dei fatti), nel raccomandarne la lettura, dicevo, mi limiterò a riportare un gustoso episodio citato nel libro che, nella babele che viviamo oggi, ha il sapore di un antico senso dello stato e di un fervido contesto culturale, non lontano negli anni, ma lontanissimo, quasi remoto, nei valori che l’hanno innervato: dunque si era nel 1954 e il conte Marinotti era alla guida della Snia Viscosa, un gruppo cui facevano capo attività tessili e anche la Pignone, società fiorentina che deteneva il 14% del mercato mondiale delle turbine a gas. Gli americani, racconta Bernabei (che non ama molto il mondo anglo-sassone), avevano imposto, per proteggere i loro cotonieri, dazi pesantissimi sulle produzioni di filati artificiali (il rayon) della Snia Viscosa. Il conte Marinotti, sempre racconta Bernabei, riuscì a convincere gli americani a lasciar entrare il rayon in America, impegnandosi, per contropartita, a chiudere la Pignone, che allora era la più grande impresa fiorentina e dava lavoro a circa 1200 operai. Ovviamente si mobilitò l’intera città di Firenze contro la decisione del conte Marinotti e la fabbrica fu occupata. L’allora Ministro degli Interni, Fanfani (che poi, alla fine della storia, fece rilevare l’azienda dall’Eni di Enrico Mattei), per scongiurare pericolose complicazioni di ordine pubblico, convocò le parti (impresa e sindacati) ad una riunione a Roma; ma il conte Marinotti fece rispondere che non avrebbe partecipato in quanto stava partendo per una missione di lavoro all’estero. Che fece allora, l’energico Ministro degli Interni? Diede ordine al prefetto di ritirare il passaporto al Marinotti!
[Altri tempi, direte voi! Certo, altri tempi. Ai nostri tempi, men feroci e più leggiadri, solo qualche anno fa, quando gli stewards di una compagnia aerea si “diedero malati” in massa per supportare  la decisione dei sindacati di non sedersi al tavolo negoziale per trattare su un piano di ristrutturazione, rilasciammo diverse centinaia di certificati medici senza che nessun Ministro di alcunché si preoccupasse non dico di precettare “i malati” ma nemmeno di far verificare l’attendibilità dei certificati!]
Forse la narrazione di questo curioso episodio invoglierà qualcuno a leggere questo libro; sono sicuro che ne resterà affascinato (anche senza necessariamente condividere le tante idee che frullano tanto vivaci nella testa dell’autore).
Roma 4 luglio2012


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