Vigilanza critica
(di
Felice Celato)
Il senso di questa nostra rubrichetta (come dico spesso, oziosamente vagante fra stupidità e puro stupore) si colora oggi appieno di un beato stupore, muovendo da conversazioni
privatissime che, ieri sera, mi hanno dato proprio soddisfazione.
Una
mia amica, le cui opinioni si muovono spesso sul delicato crinale che sta fra
la massima serietà e un controllato eccesso di severità, ha enunciato, attorno
ad una pizza ma partendo da alcuni esempi specifici e recenti, il proposito (e
la necessità) di applicare con costanza una severa (e, nel caso concreto, si
può stare sicuri che lo sarà) acribìa nei confronti delle forme di
“costruzione” della pubblica opinione che strisciano, quasi meccanicamente, sui
media “nelle notizie di tutti i
giorni”, cioè non nei pensosi editoriali o nei (talora colti) commenti, ma nei
modi con cui si vestono (o anche solo si titolano) le notizie apparentemente minori.
Facendoci
caso con costanza – da molto tempo la penso anch’io così (ecco perché mi beo
del temperamento di solitudine “ideologica” che mi deriva dall’opinione della
mia amica) – si possono individuare
alcuni stilemi costanti nelle narrazioni giornalistiche (temo talora ispirati
da una certa pigrizia mentale); cito due
fra i percorsi “narrativi” più costantemente “gettonati” (e per me più
fastidiosi) : il percorso, devo dire – ahimè! – tipicamente di sinistra, del politically correct (l’esprimersi, cioè,
secondo le linee più convenzionali di ciò che si suppone generalmente accettato
come necessariamente, anzi, doverosamente pensato da tutti, e, fatalmente, non
da me) e il percorso di un Naderismo
vagamente populista verso coloro che si suppongono ontologicamente prepotenti, sempre e comunque, a prescindere
dalle situazioni di fatto (siano essi i produttori verso i consumatori, o i
venditori di prodotti e servizi verso i clienti, o Equitalia verso gli evasori,
o le Pubbliche Amministrazioni verso i cittadini e così via).
Bene;
molto bene! Se, come sono convinto, la pubblica opinione si costruisce, si
forma, si coltiva anche nei dettagli minuti, questa forma di attenzione anche
alle dosi omeopatiche di convenzionalità non può che farmi piacere! Soprattutto
sapendo che viene da chi non ha certo metri indulgenti nel valutare i veri
prepotenti! Che, quando sono veri, detesto fortemente anch’io.
Roma,
29 aprile 2012
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