giovedì 21 luglio 2011

Luglio : Guido, i’vorrei

Pessimismo afoso
(di Felice Celato)

Pensando alla giornata “politica” di ieri, mi è venuto in mente questo sonetto di Dante, nel quale il Sommo Poeta vagheggia una estraniazione radicale, un sogno di fuga dal presente a metà fra il piacere intellettuale e l’avventura romantica (ante litteram), un modo per sottrarsi alle angustie anche politiche del suo tempo (ricordiamoci che solo pochi anni dopo scriveva la famosa invettiva Ah!Serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di province ma bordello!, che, ahimè!, tanto si attaglia al tristo e pericoloso presente che viviamo). Vale la pena di rileggerlo, per sognare insieme a Dante:


Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;


sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.


E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:


e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.


Tre anni fa, proprio nel bel mezzo di un luglio afoso e denso di problemi, mi venne da invocare, sul giornale on-line dell’ Onlus Associazione Amici per la Città, (la Bussola delle politiche partecipate), “Vogliamo un santo!”  (http://www.amiciperlacitta.it/articolo.cfm?id=932) e di ripercorrere, nostalgicamente, il famoso frammento della lettera a Diogneto che tratteggiava, nel II secolo, una sorta di brevissima summa delle virtù del cristiano che vive nel mondo.


Oggi, non mi consola più nemmeno questa invocazione: forse non basterebbe più nemmeno un santo da imitare, un indiscusso esempio di qualcuno in cui possiamo riconoscere un ideale incontaminato, una natura umana pura, una bontà primigenia, un agire disinteressato; forse non ci resta che chiuderci o a pregare (per coloro che credono) o a sognare il vascello che con pochi amici ci aiuti a fuggire da questo povero, bellissimo e stupido Paese, dove le più vive intelligenze, che pure abbondano diffusamente, si lasciano soffocare dall’immondizia (non solo materiale) di ogni giorno, attorcinandosi in comportamenti di cui non riusciamo più a capire né il senso né il possibile esito.


Chiuderci e aspettare. Ma aspettare che cosa? Il grande crack? La palingenesi? Il rilancio delle speranze di cui parlavamo allora? Il riarmo mentale di cui parla oggi de Rita?


Temo molto che, purtroppo, aspetteremo solo, come è di rito, le prossime elezioni, che caricheremo di speranze, attraversando incoscienti il durissimo e pericoloso periodo che le precede fra polemiche violente e sragionamenti pomposi, mentre la barca continua ad imbarcare acqua; poi celebreremo la vittoria o piangeremo la sconfitta, tornando a immergerci subito dopo nella melma dalla quale non riusciamo ancora a trovare il modo di tirarci fuori.


Fa caldo, come lo faceva nel luglio del 2008; ci vuole una pausa rigeneratrice, che fughi anche questo cupo pessimismo che le circostanze alimentano. Per ora sogniamo solo l’incantamento che ci porti nel vasel, ch’ad ogni vento per mare andasse al voler vostro e mio.


21 luglio 2011

Nessun commento:

Posta un commento