“Ambrosia, e impiccarli”
(di Felice Celato)
Sono (quasi) certo che tutti i lettori di queste colonnine avranno riconosciuto nel titolo di questo post un divertente passo dal capitolo V de’ I promessi sposi del nostro grande Don Lisander (Alessandro Manzoni, ovviamente). Il buon fra’ Cristoforo, nell’intento di difendere i suoi figlioli (Renzo e Lucia), si mette in cammino per affrontare Don Rodrigo, certo solo del provvido sguardo di Dio [Egli v’assisterà: Egli vede tutto: Egli può servirsi anche d’ un uomo da nulla come sono io per confondere un…. Vediamo, pensiamo a quel che si possa fare…. Se Dio gli tocca il cuore e dà forza alle mie parole, bene: se no, Egli ci farà trovare qualche altro rimedio.]
Giunto al palazzotto di Don Rodrigo, vi trova – riuniti a rumoroso banchetto –, oltre al padrone di casa, un certo conte Attilio…suo collega di libertinaggio, il signor podestà (quel medesimo a cui, in teoria, sarebbe toccato a far giustizia a Renzo Tramaglino) e il dottor Azzecca-garbugli, in cappa nera, e col naso più rubicondo del solito, e – infine – due convitati oscuri… che non facevano altro che mangiare, chinare il capo, sorridere e approvare ogni cosa che dicesse un commensale e a cui un altro non contraddicesse.
Inevitabilmente, dato il prestigio di cui godeva Fra Cristoforo anche presso tali personaggi (prestigio morale, si sarebbe detto se il profilo umano dei commensali lo avesse consentito), il buon cappuccino viene invitato al tavolo dei commensali, gli viene offerto del vino; e, inevitabilmente, assiste alla conversazione fra gli allegri commensali che si sfidano su controversie cavalleresche e discussioni politiche [era in corso la guerra di successione per il ducato di Mantova… e so di buon luogo che il Papa, interessatissimo, com'è, per la pace, ha fatto proposizioni… dice il conte Attilio. Così deve essere; la cosa è in regola; sua Santità fa il suo dovere; un Papa deve sempre metter bene tra i principi cristiani; ma il conte duca ha la sua politica, e... dice il podestà], senza dimenticare pomposi brindisi ed elogi del vino [un liquore simile non si trova in tutti i ventidue regni del nostro signore, che Dio guardi] e feroci commenti sulla carestia [non c'è carestia - diceva uno - sono gli incettatori. E i fornai - diceva un altro - che nascondono il grano. Impiccarli! Appunto; impiccarli, senza misericordia. De’ buoni processi – gridava il podestà. Che processi? – gridava più forte il conte Attilio – giustizia sommaria. Pigliarne tre o quattro o cinque o sei, di quelli che, per voce pubblica, son conosciuti come i più ricchi e i più cani, e impiccarli. Esempi! esempi! senza esempi non si fa nulla.]
Commenta il buon Don Lisander (che mi perdonerà per lo scempio della sintesi): Chi, passando per una fiera, s’è trovato a goder l’armonia che fa una compagnia di cantambanchi, quando, tra una sonata e l’altra, ognuno accorda il suo stromento, facendolo stridere quanto più può, affine di sentirlo distintamente, in mezzo al rumore degli altri, s’immagini che tale fosse la consonanza di quei, se si può dire, discorsi. S’andava intanto mescendo e rimescendo di quel tal vino; e le lodi di esso venivano, com’era giusto, frammischiate alle sentenze di giurisprudenza economica; sicché le parole che s’udivan più sonore e più frequenti, erano: ambrosia, e impiccarli.
Finito il ripasso di antiche (ma perenni) letture, vengo al presente; l’ho riletto, questo capitolo V de’ I promessi sposi (come consiglio a tutti di fare), perché la conversazione al banchetto di Don Rodrigo mi è tornata in mente, in questi giorni, leggendo le voci dall’Italia: lo stesso mix di fatuità e sommarietà, la banalità dei “giornalisti”-tifosi di questa o di quell’altra fazione, le contese più o meno cavalleresche, le geo-politiche regionalistiche, etc.
Sullo sfondo, però, c’è ben altro che la guerra di successione al Ducato di Mantova, purtroppo. E di ambrosia, nemmeno la traccia. Di contemporanei podestà, di conti Attilio dalla facile impiccagione di incettatori, di Azzecca-garbugli in cappa nera, e col naso più rubicondo del solito e di convitati oscuri che non fanno altro che mangiare, chinare il capo, sorridere e approvare (magari in favore di telecamera) ogni cosa che dicesse un commensale e a cui un altro non contraddicesse, invece, c’è grande abbondanza.
Roma 12 marzo 2024.
Nessun commento:
Posta un commento