Segnalazioni per lettori tenaci
(di Felice Celato)
Per tenermi lontano, anche nelle ore dedicate alla letteratura (di solito quelle notturne), dalle cronache deprimenti e dai loro cascami, mi sono avventurato in alcune letture molto impegnative, che riverso qui, sotto forma di mere segnalazioni, per coloro che ne abbiano la voglia e la pazienza. Si tratta di due libri che hanno in comune due cose: la qualità dell’autore (parliamo di due grandi della nostra letteratura contemporanea, Giuseppe Berto e Mario Pomilio, scomparsi rispettivamente nel 1978 e nel 1990) e il tema della narrazione (in estrema sintesi, una rivisitazione delle narrazioni evangeliche, secondo le ottiche di cui dirò subito, partitamente).
Cominciamo con La gloria di Giuseppe Berto (Neri Pozza, ebook 2017). Si tratta del processo a Gesù raccontato da Giuda, dal suo discepolo-traditore, carico di complessi per essersi percepito come un discepolo non amato e purtuttavia necessario, convinto di essere stato una tragica pedina del disegno Redentore, e, quindi, addirittura co-essenziale al disegno stesso. Le narrazioni evangeliche che fanno da tessuto a quella del romanzo, non rendono conto appieno - Giuda ne è convinto - del significato di queste due morti (quella di Gesù e quella di Giuda) contemporanee e – sostiene Giuda – connesse: Io sono la tenebra, Gesù. Ma a Te, che sei la luce, dagli abissi della mia oscurità continuo a chiedere: nella storia della tua morte, che sarebbe dovuta essere gloria e vittoria sulla morte, io, Giuda, da Te segnato come figlio di perdizione, sono stato semplicemente strumento affinché si adempisse una Scrittura, cioè fosse fatta la misteriosa volontà dell'Eterno? O piuttosto: c'era qualcosa che ci accomunava, qualcosa che, visto come sono andate le cose, non si è adempiuto se non nella conclusione minore che siamo morti tutti e due quasi insieme?
E’, ovviamente, inutile immaginare una discussione teologica del libro, che non è un testo di teologia ma solo una suggestiva rappresentazione drammatica della Passione, raccontata da un attore secondario del dramma che, da dietro le quinte, fatta la sua breve apparizione sulla scena, segue le mosse del Protagonista, invidiandone il ruolo e percependone la grandezza.
Come dicevo, la materia della narrazione di Berto è, in qualche modo, la stessa di quello di Mario Pomilio (Il quinto evangelio, Bompiani, ebook 2022), un romanzo molto strutturato, molto profondo e scritto con prosa raffinata. Qui l’impianto narrativo si incrocia – anzi forse ne è soverchiato – con uno di tipo saggistico/filologico, sicuramente di grande interesse ma francamente vagamente eccessivo nell’estensione. Il tema sottostante è quello della compiutezza della Rivelazione: in altri termini, può esistere (o essere esistito in mezzo ai tanti apocrifi della storia) un altro Vangelo autentico, oltre ai quattro canonici? Il Vangelo è un libro compiuto o un libro che la cristianità può, per così dire, continuare a scrivere a mano a mano che si sforza di re-inverare il messaggio della Rivelazione? Un quinto evangelio può essere una metafora dei quattro Vangeli canonici perpetuamente rinnovati dal loro impatto con la storia?
La parte finale del libro (che segue la lunga ricostruzione, in gran parte di dichiarata ideazione dell’autore, delle tracce secolari di questo quinto, supposto Evangelio), è un testo teatrale che, in un certo senso, ricapitola le due chiavi narrative del libro, stavolta in modo drammaturgico: attorno al 1940, nella Germania nazista, un gruppo di cittadini di mista estrazione, mette in scena il processo e la passione di Gesù, comparando, nella testimonianza dei vari personaggi del dramma (Giuda e Pilato compresi), i testi dei quattro evangelisti (anch’essi sulla scena) alla presenza del mitico quinto; con la finale irruzione drammatica del presente storico contingente (Germania, 1940).
Come sicuramente si sarà capito, anche dalla fatica di far percepire in poche righe la grande complessità del libro di Pomilio, anche qui ci troviamo difronte ad un testo molto impegnativo; nel rileggerlo a distanza di tanti anni (quasi 50!) dalla prima lettura, mi ha anzi rivelato complessità di cui non tenevo memoria. Ma anch’esso, come quello di Berto, mi sento di raccomandare ai lettori più impegnati e tenaci.
Roma, 17 febbraio 2024
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