Un laico esercizio
(di Felice Celato)
Nei tredici anni (dalla primavera del 2011 fino ad oggi) in cui ho condiviso qui, fra amici, alcune sparse e personalissime riflessioni, non credo di aver mai vissuto scenari così complicati e rischiosi come quelli in cui siamo immersi. Scenari bellici, macroeconomici, geopolitici ed Eu-politici che non ho bisogno di descrivere, perché, intrecciati fra loro, sono davanti agli occhi di tutti, solo che – come sembra accadere nel nostro povero paese – non si abbia la ragione definitivamente appannata dai rumori della annuale ostensione di “cultura nazional-popolare” messa in scena a San Remo, mentre scorreva - temo solo sul calendario! - il nostro triste carnevale.
E, come da calendario, ecco sopraggiungere la quaresima; un tempo di metànoia… cioè di cambiamento interiore… di deserto e di incontro speciale col Padre, come diceva Benedetto XVI; un tempo ideale – proseguiva – per trasformarsi in tempo di grazia, poiché abbiamo la certezza che anche dalla roccia più dura Dio può far scaturire l'acqua viva che disseta e ristora.
Certo, si dirà non senza ragione, questo è un senso della quaresima tipicamente cristiano, non necessariamente percepibile da chi cristiano non si sente. Eppure mi pare che di metànoia – che, non a caso, “contiene” la parola greca che significa pensare – il mondo intero abbia proprio bisogno; anzi, meglio e di più: mi pare che ogni persona dotata di ragione abbia, appunto, una buona ragione di desiderare, proprio oggi, per sé e per i suoi simili un momento di sosta e di silenzio, per verificare se i sentimenti e i pensieri che abbiamo incamerato e che ci portiamo dietro nel giudicare di ciò che vediamo, non siano solo il frutto marcio delle parole che abbiamo usato o sentito dire. [Ci sarà fra i miei lettori qualcuno che ricorda la spaventevole sequenza qui più volte citata e tratta da un libro di Riccardo Calimani: Le parole generano opinioni e le opinioni danno forma ai sentimenti. I sentimenti diventano fatti; e dico spaventevole avendo in mente il dissennato uso delle parole che il nostro mondo iper-connesso ci vede praticare ogni giorno].
Dunque, anche di una metànoia laica abbiamo bisogno, dopo il carnevale del nostro tempo che, forse, immagina non più replicabili le autentiche esplosioni del male che il ventesimo secolo ha vissuto.
Ma ogni vera metànoia (dal Vocabolario on line della Treccani: profondo mutamento nel modo di pensare, di sentire, di giudicare le cose), sia laica che fidelis, non può che essere un interiore processo individuale; auspicarne una dimensione collettiva può essere un puro desiderio utopico. Però cominciare da noi stessi è senz’altro un esercizio benefico, perché, come diceva (mi pare) San Bonaventura, bonum diffusivum sui, ciò che è buono tende naturalmente ad essere diffusivo di sé, come fosse un benefico contagio. Noi, cattolici convinti, nella nostra metànoia spirituale andiamo cercando un tempo di grazia. Ma, per restare alla prospettiva laica che qui vogliamo adottare (anche se non coincide integralmente con la nostra), è ragionevole pensare che qualche fermo esercizio di laica metànoia possa essere anch’esso diffusivum sui, magari cominciando – chessò – dal sistematico rifiuto delle opinioni correnti e del modo in cui sono argomentate (quando lo sono) ed enunciate. Questo non basterà, siatene certi, a cambiare le sorti balorde che il nostro tempo sembra voler tessere per sé; ma aiuterà almeno noi stessi a conservare un laico rispetto di noi stessi; che, se fosse anch’esso diffusivum sui, potrebbe risultare un utile antidoto alle follie collettive.
Roma, 14 febbraio 2024
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