Auguri trepidanti
(di Felice Celato)
Eccoci qua, nel Sabato Santo, giorno del silenzio di Dio [ma, come scriveva JR in una sua indimenticabile meditazione, noi abbiamo bisogno del silenzio di Dio per sperimentare nuovamente l’abisso della sua grandezza e l’abisso del nostro nulla che verrebbe a spalancarsi se non ci fosse lui, (cfr. post del 16 4 2022, Nel tempo del Sabato Santo)]; eccoci qua – dicevo – ancora una volta a farci gli auguri della Pasqua di Risurrezione, con la trepidazione che i tempi generano.
Di questa resurrezione, anche e soprattutto, noi abbiamo bisogno per la nostra vita interiore e per la nostra vita collettiva. Certo, la Chiesa (come scrive Adrien Candiard O.P. nel libro qui già segnalato) per i destini del mondo non ha nulla da offrire. In magazzino ha un unico prodotto: la salvezza, la vita eterna. Se lascio intendere che abbiamo altre cose, allora rischio di ingannare chi mi ascolta…); ma la Resurrezione che ci propone la fede della Chiesa ha una sconfinata dimensione interiore che di per sé sarebbe in grado di cambiare il mondo, se solo tutti ne vivessimo integralmente il senso più profondo. E così non è, a cominciare da noi cristiani, naturalmente.
Ma la resurrezione non può non apparirci, come uomini, anche una istanza civile, in questo tempo di sonno della ragione, che, come illustrava Francisco Goya, genera mostri. Di quelli del presente, non è nemmeno il caso di fare qui un macro-elenco, tanto ci sono evidenti nelle loro più mostruose manifestazioni quotidiane sugli scenari del mondo.
Allora di quale risurrezione civile andiamo sognando? Svegliarci dal sonno della ragione è, di per sé, una resurrezione civile alla portata anche di chi nella Resurrezione interiore – nel senso della Pasqua cristiana – non crede? O anche questa, per dirla con Roger Scruton, è una forma di ottimismo senza scrupoli?
Beh, io non credo che sia così; noi nel giorno di Pasqua abbiamo il dovere di credere che è possibile svegliarsi al senso della ragione, che, in fondo, ravvicina ciò che l’uomo moderno pretende essere il suo campo alla profonda natura del Dio Cristiano (In principio era il Logos).
E tuttavia non mi sfuggono le enormi difficoltà di depurare questa umana ragione dalle scorie culturali delle storie dei popoli, dalle contraddizioni delle (vere o più spesso false) “ragioni” che si contrappongono l’una all’altra in sanguinose controversie, per modo che esse confliggono nella congiunta negazione più profonda della stessa ragione; assumendo di volta in volta la natura della prepotenza più smaccata e della violenza più spietata, alla quale d’altra parte è doveroso resistere, senza che ciò faccia venir meno l’istanza suprema della ragione e la necessità di credere in essa come decisiva possibilità.
L’intreccio è inestricabile, me ne rendo benissimo conto; ma non vedo altre strade ragionevoli, diverse da quella di credere in una resurrezione della ragione. Come cristiano, alla luce della Pasqua, non mi resta che rivolgere a Dio, nel giorno che celebra la Resurrezione del Dio fattosi uomo, la preghiera degli apostoli sulla barca nella tempesta, mentre il Maestro dorme: o Signore, non possiamo fare a meno di scuotere te, Dio che stai in silenzio e dormi, e gridarti: svegliati, non vedi che affondiamo? Destati, non lasciar durare in eterno l’oscurità del Sabato Santo…non permettere che la tua parola si perda nel grande sciupio di parole di questi tempi. Signore, dacci il tuo aiuto, perché senza di te affonderemo. Amen.
Roma, 30 marzo 2024, Sabato Santo
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