lunedì 13 dicembre 2021

Una segnalazione... faziosa

Inversionismi

(di Felice Celato)

Anche stavolta, una premessa sul titolo di questo post è necessaria. Il libro che sto segnalando (il romanzo sarcastico Lo scarafaggio, di Ian McEvan, Einaudi, 2019) reca una postfazione che mi ha entusiasmato e che spiega benissimo l’ispirazione del narratore inglese. Ian McEvan è un acceso dispregiatore della Brexit (e del suo araldo Boris Johnson): il più insulso, masochistico e inconcepibile proposito della storia del Regno Unito; con ciò incontrando pienamente il mio giudizio sul fatto (ormai la Brexit È un fatto, ancorché non ancora esplorato in tutte le sue ripercussioni, nel Regno Unito e in Europa) e sul suo folkloristico mentore.

La storia in sé sviluppa una sorta di contro-narrazione della famosa Metamorfosi di Franz Kafka, il cui protagonista (Gregor Samsa, un nome diventato un topos letterario), al risveglio da sogni irrequieti si ritrovò trasformato in un gigantesco insetto, uno scarafaggio, appunto. Nel romanzo di McEvan, invece, è uno scarafaggio che, svegliatosi da sogni inquieti, si trova trasformato in un uomo, anzi, addirittura nel Signor Primo Ministro. Da questa metamorfosi prende avvio la distopica vicenda (che si legge con piacere, anche per la relativa brevità del racconto, appena 100 pagine), sulla quale non è il caso di dilungarsi. Mi preme invece commentare brevemente che cosa, nel racconto di McEvan, costituisce la metafora della Brexit: una strampalata ideologia economica che Jim Sams, lo scarafaggio divenuto Primo Ministro, intende imporre al suo Paese ed al mondo: l’inversionismo. Si tratta, in sostanza, di invertire il flusso ordinario della circolazione della moneta: non saranno più i datori di lavoro a pagare i dipendenti, o i fornitori a ricevere moneta dai clienti in cambio della merce, o i locatori a ricevere le pigioni dai locatari, etc.; ma, con l’inversionismo, saranno i lavoratori a corrispondere un compenso ai datori di lavoro, in funzione della qualità del loro lavoro; però, a loro volta, i lavoratori riceveranno dai venditori un compenso per ogni cosa “acquistata” e – in tal modo – i lavoratori saranno incentivati a consumare quanto più possibile per “guadagnare” dal loro stesso consumo. E lo stesso in ogni rapporto economico a flusso invertito. Per tale via, naturalmente, sarebbe risolto anche il problema del bilancio statale: basterà che lo Stato assuma centinaia di migliaia di lavoratori per ricevere da questi i compensi dovuti al datore di lavoro! Il tutto ovviamente sostenuto da un’abbondantissima stampa di moneta (una specie di quantitative easing, come lo intende Jim Sams), per modo che – questo è l’argomento – i grandi magazzini si possano permettere i loro clienti ed i clienti si possano permettere i loro posti di lavoro. Questa magica formula, nel romanzo sviluppata in diverse sue implicazioni, quando viene applicata nei rapporti internazionali (per intenderci nel dare e nell’avere di importazioni ed esportazioni), viene motivata in maniera straordinariamente efficace: warum?, perché?, domanda la cancelliera tedesca che non vuole dover pagare per le esportazioni di auto tedesche; perché sì! risponde annebbiato Jim Sams.

Al di là dell’azzeccato e condiviso spunto polemico che ha mosso l’autore, il romanzo è assai godibile e ne raccomando la lettura. 

Ma, mi sorge un’angoscia: non sarà che questa idea dell’inversionismo possa affascinare, anche da noi, qualche strampalato politico (ne abbiamo tanti!) magari come sviluppo della bonus-mania che dilaga? O come soluzione, definitivamente stato-latrica, ai problemi dell’equilibrio del bilancio statale? O come vero ed efficace motore per il sostegno della domanda? O come superamento dell’odiosa tassazione? Sarà senz’altro un’angoscia esagerata; ma il fatto è che in materia di inversioni (di marcia, di senso, di logica) non ci facciamo mai mancare nulla (non è un caso se il Censis, quest’anno, ci ha etichettato come “la società irrazionale”).

Roma 13 dicembre 2021 (santa Lucia).

 

  

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