sabato 27 novembre 2021

Spigolature

Verso una dimensione locale del pessimismo

(di Felice Celato)

Per combattere gli “inevitabili” sintomi del booster vaccinale (a proposito: sto maturando la convinzione che, per finalità statistiche, a me vengano sempre iniettati dei placebo in luogo dei mai tanto benedetti vaccini, che i cattivoni di Big Pharma hanno posto, con tanta rapidità ed efficacia, a disposizione di questa confusa umanità: dopo tre dosi, mai un sintomo, nemmeno la pustoletta nel braccio porto all’iniettore!), per combattere gli “inevitabili” sintomi del booster vaccinale, dicevo, sto osservando qualche maggior indugio sulla poltrona delle mie letture. Ed eccomi qui a rendere conto di qualche spunto di oziosa riflessione che ho fatto tra un libro e l’altro.

 

Cominciamo da uno spunto visivo: credo di aver già detto – su queste “colonne” (meglio: colonnine) – che di fronte alla “poltrona delle mie letture” è appeso un grande quadro di stile caravaggesco che rappresenta un san Girolamo in preghiera (si tratta in realtà non di una pittura ma di una contemporanea stampa su tela di un giovane artista toscano – Andrea Angione - che, con tecniche in parte fotografiche e in parte pittoriche, ricrea suggestioni caravaggesche, secondo me di grande qualità). Bene: il santo autore della cosiddetta Vulgata (la traduzione in Latino della Bibbia), davanti alla sua monumentale opera (per intenderci: frutto di quasi 25 anni lavoro!), a mani giunte guarda oltre il libro  e leva i suoi occhi al cielo con gratitudine e trepidazione. Da qualche tempo, ogni volta che guardo gli occhi di san Girolamo mi vengono in mente un paio di versi di una ben nota preghiera medioevale allo Spirito Santo (Veni Sancte Spiritus): Sine Tuo numine, nihil est in homine, nihil est innoxium (Senza la Tua forza, nulla è nell'uomo, nulla senza colpa). Per motivi di congruità temporale (san Girolamo visse nel IV/V sec d.C. e il Veni Sancte Spiritus fu composto almeno 4 o 5 secoli dopo) escludo che il santo Traduttore avesse in mente questo verso; ma sicuramente aveva in mente questo concetto, desueto, forse, oggi; ma certamente perennemente prezioso, anche per l’uomo contemporaneo, spesso così orgoglioso delle “proprie” opere, eppure dubitoso della propria sorte.

 

Passo poi ad una curiosità, una dotta citazione da Cicerone, arrivata, tramite la Summa Theologiae di San Tommaso d’Aquino (!), nientemeno sulle pagine di un poliziesco, di quelli che si leggono in ebook e di notte – nel mio caso, a letto – per esorcizzare l’insonnia: si tratta del cosiddetto esametro di Cicerone, col quale il grande maestro di retorica classica detta i criteri da rispettare nello svolgimento di una composizione letteraria: Quis, quid, ubi, quibus auxiliis, cur, quomodo, quando? (cioè: chi, che cosa, dove, con quali mezzi, perché, in che modo, quando?). [Data la fonte – un poliziesco di pura evasione, anche se ben scritto (di Antonio Fusco, Ogni giorno ha il suo male, Giunti, 2014) – ho positivamente verificato, con i banali mezzi contemporanei, l’esattezza dei due riferimenti (San Tommaso e Cicerone)]. In pratica – e questo è uno snodo del poliziesco – Cicerone aveva dettato duemila anni fa i principi della chiarezza che noi siamo soliti attribuire alla anglosassone regola delle cinque W (who, where, what, when, why), solo saltuariamente praticata da molti cronisti nostrani.

 

Infine la segnalazione di una lettura seria (da poltrona o addirittura da scrivania) ma molto piacevole: del filosofo Maurizio Ferraris Post-Coronial Studies – Seicento sfumature di virus, Einaudi 2021, un libro estremamente colto e anche ironico e pungente: nelle 90 paginette (senza contare le quasi 40 di bibliografia!) il filosofo teoretico, dopo aver fatto strame delle molte, anche “dotte”, imbecillità messe in circolo dal trauma pandemico (negazionismo, minimalismo, complottismo, etc., e anche vittimismo tecnologico), proclama, in nome della nostra umanità, un inno all’ottimismo come dovere morale (perché se davvero noi fossimo convinti che nulla di tutto quello che facciamo migliori la sorte dell'umanità, o se addirittura fossimo convinti che ciò che facciamo non fa che peggiorarla,  allora dovremmo avere il coraggio di chiudere baracca e burattini, togliere il disturbo e spegnere la luce). Un ottimismo di respiro globale – come è forse proprio di un filosofo – non privo però di una concretezza ragionante che non ha nulla della Scrutoniana irresponsabilità. Non è il caso, qui (perché il libro va letto e goduto!), di riassumere i molti e spesso molto brillanti argomenti con cui Ferraris supporta il suo articolato, laico e civilissimo discorso; basterà dire che l’ho trovato percutant e mi sono sentito chiamato in causa come – per dirla con i miei amici – “diffusore di pessimismo”; tanto che ho deciso di auto-derubricare il mio “peccato” a pessimismo …localistico

Del resto, con buona pace del filosofo e per strade diverse, anche San Girolamo, dal suo quadro, mostra la strada del nostro sguardo.

Roma  27 novembre 2021

 

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