Numeri
(di Felice Celato)
Mentre di nuovo il morbo infuria, l’Italia – in mezzo al solito pandemonio di voci, controvoci, dissidenze e discordie – sembra ripiombata nella depressione (quella sanitaria intendo, non essendosi mai, nemmeno transitoriamente, attenuata quella economica); e in effetti i numeri assoluti (dei casi accertati e dei morti) giustificano certamente l’umore tetro e timoroso che ci pervade.
Eppure, ancorché per natura non indulga ad irresponsabili irenismi (e men che meno a stolidi narcisismi), vorrei sottoporre ai miei lettori una chiave di lettura di tali numeri relativamente meno sconfortante di quella che (a ragione) ci deprime.
Per non cadere nel vizio nazionale dell’onfalocentrismo (una personale invenzione onomaturgica per dire del vizio nazionale di ritenere il proprio ombelico – omphalos, in greco antico – il centro dell’universo), da diverso tempo annoto quasi ogni giorno i dati della pandemia nel mondo (fonte W.H.O.) ed, in particolare, nei 10 paesi in mezzo ai quali dovremmo ragionevolmente trovare elementi di fondato paragone: dunque, oltre a noi, gli Stati Uniti, il Giappone, la Francia, la Germania, la Spagna, il Regno Unito, il Belgio, l’Olanda e la Svezia. E per misurare (senza essere né un virologo né uno statistico) l’intensità pandemica, ho cercato di calcolare il numero dei casi e dei morti per milione di abitanti; e di stilare una classifica considerando le performances dei vari paesi.
Bene: in quest’ultimo mese (cioè a partire dal 22 settembre fino a ieri, 24 ottobre) l’Italia è rimasta l’ottavo paese (fra i 10 considerati) per casi accertati di Covid ogni milione di abitanti (a ieri 8358/milione), facendo peggio, quindi, di Germania (5035) e di Giappone ( 758), ma meglio di tutti gli altri ( Usa 25.352, Belgio 25.077, Spagna 22.287, Olanda 15.519, Francia 15.085, UK 12.468 e Svezia 10.843).
Anche per numero di morti per milione di abitanti l’Italia – coi suoi 616,5 morti per ciascuno dei 60,4 milioni di abitanti – è rimasta ferma alla sua posizione del 22 settembre (sesta, sempre fra i 10 considerati), facendo dunque meglio di Belgio (930), di Spagna (740,3), di Usa (675,1) e di UK (668,7), e peggio di Svezia (581,7), Francia (510,9), Olanda (404,3), Germania (120,5) e Giappone (13,5).
Il differente posizionamento nell’indice dei casi rispetto a quello dei morti è correlato al tasso di letalità (7,38%), diminuito sensibilmente rispetto al 22 settembre (11,88%) ma largamente (e ingiustificatamente) il più alto in Europa (e non solo).
Solo per riferimento e senza voler trarne conclusione alcuna (anche perché il dato che fornisco subito è riferito all’anno solare, mentre quelli che precedono si rapportano al tratto temporale della pandemia), faccio notare che, secondo i dati consuntivi più recenti (fonte: Fondazione Aiom, Associazione Italiana Oncologia Medica), nel 2017 i morti per cancro, in Italia, sono stati 2983 per ciascuno dei 60,4 milioni abitanti.
Dunque, si vera sunt exposita, non c’è ragione per lamentare alcuna speciale gravità del caso Italia nella intensità dei contagi. In altri termini: il Covid, nel suo intero ciclo finora decorso, ci ha colpito duramente ma meno di quanto non abbia fatto con Francia, Spagna, UK, Belgio, Olanda e Svezia (lasciando da parte USA, Brasile, India, etc); l’unica “anomalia” nostrana, semmai, è quella lombarda dove i casi per milione di abitanti sono stati quasi il doppio della media nazionale e i morti – sempre per milione di abitanti - quasi il triplo. A livello nazionale, semmai, come sopra detto, c’è qualche inquietante differenza nel numero relativo dei morti. [N.B. Se escludessimo però dai dati considerati (morti e milioni di abitanti) quelli relativi al “caso” Lombardia, il nostro posizionamento sarebbe in linea con quello dei contagi].
Dove invece, come al solito, siamo stati “speciali” è nella confusione istituzionale e procedimentale e – naturalmente – nel livello fonico delle polemiche. Per carità, nei paesi democratici (con livello di mediatizzazione della politica che si è raggiunto) è abbastanza normale che nei momenti difficili si accentuino le tensioni della politica parlata (basta dare un’occhiata – per esempio – ai giornali francesi); ma da noi si è aggiunto una sorta di scollamento istituzionale che non può che destare preoccupazioni per il difficile futuro che ci aspetta.
Roma 25 ottobre 2020 (ritorna l’ora solare, pare temporaneamente abbandonata per l’ultima volta con l’estate scorsa; dal prossimo anno, magari, l'ora legale sarà applicata “salvo intese” e – può essere – anche regionalizzata)
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