mercoledì 21 ottobre 2020

Vecchie parole

 La storia di Onan

(di Felice Celato)

Narra il libro della Genesi (38, 6-10) che Giuda scelse per il suo primogenito Er una moglie, che si chiamava Tamar. Ma Er, primogenito di Giuda, si rese odioso agli occhi del Signore, e il Signore lo fece morire. Allora Giuda disse a Onan: "Va’ con la moglie di tuo fratello, compi verso di lei il dovere di cognato e assicura così una posterità a tuo fratello". Ma Onan sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva il seme per terra, per non dare un discendente al fratello. Ciò che egli faceva era male agli occhi del Signore, il quale fece morire anche lui.

Col tempo, come sappiamo (cfr. Vocabolario on-line Treccani, voce onanismo), il peccato di Onan ha assunto diverse configurazioni: in un certo qual senso se ne occupò pure la controversa e sofferta Enciclica Humanae vitae dell’amato Papa della mia gioventù (Paolo VI), trattando delle cosiddette pratiche anticoncezionali; nel linguaggio medico, poi, il termine onanismo passò ad indicare genericamente la masturbazione; ed infine il termine approdò all’uso figurato e letterario di compiacimento narcisistico di se stesso, della propria attività, anche se improduttiva, priva cioè di risultati pratici; e l'attività stessa, soprattutto di natura letteraria, in quanto sia priva di finalità pratiche, e quindi sterile.

Chi ha seguito, qui, le mie depresse opinioni sul nostro presente, non dovrebbe sorprendersi se l’onanismo mi è tornato in mente a proposito della politica, più precisamente di quella italiana del nostro tempo, nel senso figurato e letterario di cui si diceva poco fa; né che – data la caratura culturale del nostro Premier Umanista – sia stata proprio una sua dotta scelta lessicale ad evocarmi il vecchio Onan: la parola scelta per rendersi più comprensibile all’amato “popolo”, stavolta, è: stigma.

Dunque, appassionato come sono delle parole (anche non nuove)  ho fatto ricorso, ancora una volta, all’amato Treccani, per una breve esplorazione lessicale ; ve la faccio breve: Stigma (o stimma). Sostantivo maschile [dal latino stigma (-atis), “marchio, macchia, punto”, greco στγμα -ατος, derivato di στζω ”pungere, marcare”] 1. In botanica: a) La parte apicale variamente conformata del pistillo…. b) Organello pigmentato fotosensibile presente nei cromatofori o nel citoplasma, a volte anche nei gameti, di varie alghe…. 2In zoologia: a) Ciascuna delle aperture mediante le quali il sistema respiratorio tracheale degli insetti e di alcuni artropodi terrestri comunica con l'esterno; b) Ciascuna delle aperture branchiali della faringe dei tunicati; c) Nome di alcune macchie colorate delle ali di farfalle…; d) Organulo fotorecettore ausiliario dei cloroplasti…. 3. In anatomia, la parte assottigliata e priva di vasi della parete del follicolo…. 4. a) Nell'uso letterario, con significato vicino a quello etimologico, marchio, impronta, carattere distintivo: “quella misteriosa inclinazione…ch’è il vero stigma della nobiltà femminile” (Fogazzaro); “l'antica cultura popolare, tuttora radicata specie fra i contadini, segnava di uno stigma religioso certi mali indecifrabili” (Morante)... b) In psicologia sociale, attribuzione di qualità negative a una persona o un gruppo di persone, soprattutto rivolta alla loro condizione sociale e reputazione: un individuo, un gruppo colpito da stigma psicofisici, razziali etnici, religiosi.  

Dunque, escludendo (arbitrariamente?) che il Premier Umanista volesse far uso di termini presi a prestito dalla botanica, dalla zoologia o dall’anatomia (riferiti, chessò, ai pistilli o ai tunicati o al follicolo), devo concludere che intendesse usare la parola stigma in senso letterario, o, più precisamente, socio-psicologico: attribuzione di qualità negative a una persona o un gruppo di persone, soprattutto rivolta alla loro condizione sociale e reputazione.

Dunque, nella libera e pensosa oratoria del Nostro, lo stigma che ricadrebbe sul popolo Italiano per l’eventuale accesso al MES (questo era l’usurato contesto nel quale il Premier Umanista ha usato la parola) sarebbe legato a quell’1% (scarso)  del Debito Pubblico Italiano eventualmente generato dal MES; il restante 99% (inarrestabilmente cresciuto nel tempo e ulteriormente dilatato dalla recente ondata di bonus decisi – a debito – dal nostro Paese) non produrrebbe stigma alcuno; come non lo produrrebbe l’inarrestato e conclamato declino economico del paese, né la futilità della sua politica.

Che si tratti – come nella Genesi – di puro adempimento di un obbligo, lì della legge del levirato, qui della compiacenza politico-populista? 

Se sì, come insegna il Genesi, c’è da temere l’ira, se non divina, almeno degli uomini, quando torneranno (prima o poi, spontaneamente o “spintaneamente”) a ragionare con la loro testa? 

Roma  21 ottobre 2020 

 

 

 

 

 

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