domenica 27 luglio 2014

Ormai l'anno declina

Il principio di realtà
(di Felice Celato)
Il principio di realtà, credo di ricordare, in psicoanalisi è quella chiave di lettura del mondo che, con l’età adulta, prende il posto del principio di piacere/dispiacere che regola le pulsioni dell’infanzia.
Almeno nel nostro Paese, da tempo, nei media, nei discorsi dei politici, nello convinzioni di molti di noi, il principio di realtà è stato gradatamente soppiantato dal principio di percezione (ci siamo perfino inventati la temperatura percepita che ci consente di modificare anche la misurazione del caldo e del freddo), una specie di riedizione “adulta” del principio di piacere/ dispiacere: non è vero quel che è reale ma è vero quel che percepisco della realtà. E quel che percepisco della realtà è quello che alle nostre menti infiacchite dal reale  viene convogliato da media e politici  per formare quel “senso comune” (o pubblica opinione) sul quale si basa il consenso (dei lettori e degli elettori).
Gli esempi potrebbero essere tanti, ed alcuni li abbiamo già menzionati in questo blog. Proviamo a farne alcuni altri: dalla famosa negazione della crisi in base al (presunto) affollamento dei ristoranti, al mantra dell’ Europa che “ci ha lasciato soli nell’affrontare i problemi dei rifugiati”, al “che ci frega a noi dello spread”, al più recente “che la crescita sia lo 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone” (Renzi ad Alan Friedman sul Corriere di venerdì scorso), etc.. Il tutto per confondere, eludere, allocare fittiziamente le responsabilità, creare nuovi idola tribus, e così via. Persino in ambito chiesastico il “papafranceschismo” – autentica mina sul percorso comunicativo del Papa Francesco – ha preso campo anche sui media più tradizionalmente anticlericali e da lì si è esteso a gran parte della pubblica opinione, anche di parte cattolica.
Difendersi da questi “bombardamenti” è cosa oltremodo difficile, riconosciamolo; ma, forse, non tanto da precludere assolutamente, con un po’ di (faticosa, lo riconosco) attenzione critica, l’anticipata percezione di ostacoli che non possiamo eludere; e, sicuramente, non tanto da precludere la percezione del reale, quando il reale, come è sua natura, piano piano, implacabile, disvela gli inganni delle percezioni artefatte.
Bene. Ancora una volta (e poi dite che sono pessimista! Non è vero! Forse sono solo uno che si ricorda quel che s’era detto e fatto credere), io sono convinto  che il prossimo autunno possa essere un crocevia importante: o la realtà o un’altra, ulteriore estensione della percezione (artefatta). Sulle sorti di medio termine del nostro Paese peserà in maniera drammatica la scelta della strada da intraprendere.
A scanso di equivoci vorrei precisare meglio la mia opinione: questo Governo ha in sé gli stamina (in italiano: il vigore) per prendere con risolutezza la strada giusta, magari facendo leva su un auspicabile successo dei primi (accidentati) passi sulla via delle “riforme” e portando a casa la vistosa ma poco efficace (ai fini della ripresa economica ed occupazionale) riforma del bicameralismo perfetto. Ma deve, secondo me, cambiare radicalmente il suo modo di comunicare, sottraendo se stesso e gli Italiani dal rischio di ulteriori auto-inganni: il nostro problema è lo statalismo culturalmente radicato nelle nostre mentalità; per affrontarlo occorre – l’abbiamo detto tante volte invano – anzitutto dire la verità sul perimetro di uno stato sostenibile (ed agire, poi, nei confronti di quella, da adulti conseguenti), senza ulteriori infingimenti, senza gettare il cuore al di là dell’ostacolo (cosa oltremodo pericolosa quando la testa non è attaccata al cuore), senza fissare date troppo brevi, perché il sentiero è lungo e faticoso e difficile. Ma è ancora un sentiero percorribile. Se lo si abbandona, non ci sarà, temo, né tempo né spazio per tornare indietro da quello sbagliato.
Roma, 27 luglio 2014


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