La democrazia critica
(di
Felice Celato)
“Nulla, per la democrazia critica, è tanto
insensato quanto la divinizzazione del popolo di cui è espressione la massima vox
populi, vox Dei, una vera e propria forma
di idolatria politica”. Così scrive Gustavo Zagrebelsky nel suo
interessantissimo libro Il “crucifige!” e la democrazia (Einaudi), che ho
appena finito di leggere e che mi affretto a segnalare ai cultori di scienza
politica e di sociologia.
Che
cosa sia la democrazia critica (un
metodo per la ricerca delle soluzioni che assume la fallibilità degli uomini e
la loro limitatezza; un atteggiamento dello spirito, aperto all’ottimismo ma non
chiuso al pessimismo; una sorta di tensione al meglio e di insoddisfazione
rispetto all’esistente, etc) Zagrebelsky
lo spiega, con ricchezza di espressioni, partendo dall’analisi accurata del
procedimento “apparentemente” o “strumentalmente” democratico adottato da
Pilato e dal Sinedrio – con fondamento diverso ma con finalità convergente –
per condannare Gesù, anzi per far condannare Gesù dal popolo.
L’analisi
è svolta, con grande acume, partendo dai testi evangelici, ovviamente in questo
contesto utilizzati come straordinario vaso di paradigmi (“una specie di bassorilievo del mondo e dell’uomo e dei caratteri umani,
dove tutto ha il suo nome e la sua connotazione per i secoli dei secoli” scrive Zagrebelsky, citando Dostoevskij) e
non come il testo teologico basilare del Nuovo Testamento e men che meno come
un testo da vivisezionare con le tecniche degli esegeti biblici.
Ne
viene fuori un quadro politico-sociologico delle reciproche interazioni fra la
folla, le autorità e Gesù stesso, che, per quanto attiene alla vicenda della
Passione, mi è parso completo, profondo ed originale.
Nella
mia sensibilità di questi tempi, non potevo mancare di soffermarmi sui temibili
processi di genesi di quel consenso che portò la folla unanime della domenica delle palme a gridare tre volte “crucifige!”:
come potevano essersi determinate quelle pulsioni ostili e violente fra lo stesso
popolo dell’Osanna? Che tipo di
suggestione manipolativa ha influenzato la folla, trasformandola in una muta
della quale non si può non avere terrore? Quali rozze semplificazioni hanno
suggerito il grido, quali paure, quali facili scorciatoie della mente ha preso
il pensiero e quali chine ha preso il sentimento? Quale tenda d’argilla si lascia calare tanto spesso sugli occhi degli
uomini, specie quando la “massa
psicologica” assorbe la psiche individuale (Freud)? “La folla che gridava il crucifige”, conclude Zagrebelsky,”era
esattamente il contrario di quel che la democrazia critica presuppone: aveva
fretta, era atomistica ma totalitaria, non aveva né istituzioni né procedure,
era instabile, emotiva e quindi estremistica e manipolabile….una folla
terribilmente simile al ‘popolo’ al quale ‘la democrazia’ potrebbe affidare le
sue sorti nel futuro prossimo”
E
ancora, tornando più direttamente al tema civile della “democrazia critica”: “alla fine di questa ricostruzione, noi
vorremmo dire che l’atteggiamento più prossimo alla democrazia – alla
democrazia critica – è quello di Gesù…..quel Gesù che, silente ‘fino alla fine’
invita al dialogo ed al ripensamento; che tace, aspettando ‘fino alla fine’…….Della
democrazia critica, la mitezza ….è certamente la virtù cardinale. Ma solo il
Figlio di Dio potè essere mite come agnello muto. Nella politica, la mitezza,
per non farsi irridere come imbecillità, deve essere virtù reciproca. Se non lo
è, ad un certo punto ‘prima della fine’, bisogna rompere il silenzio e agire
per cessare di subire.”
In
sintesi: un libro da leggere.
PS. Unica pecca del libro è quella di aver
tratto tutte le numerose citazioni bibliche da un ampolloso testo seicentesco. Francamente, se mi è consentito, un vezzo
fastidioso, talora molto fastidioso.
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