giovedì 19 settembre 2013

Letture

La democrazia critica
(di Felice Celato)
Nulla, per la democrazia critica, è tanto insensato quanto la divinizzazione del popolo di cui è espressione la massima vox populi, vox Dei, una vera e propria forma di idolatria politica”. Così scrive Gustavo Zagrebelsky nel suo interessantissimo libro Il “crucifige!” e la democrazia (Einaudi), che ho appena finito di leggere e che mi affretto a segnalare ai cultori di scienza politica e di sociologia.
Che cosa sia la democrazia critica (un metodo per la ricerca delle soluzioni che assume la fallibilità degli uomini e la loro limitatezza; un atteggiamento dello spirito, aperto all’ottimismo ma non chiuso al pessimismo; una sorta di tensione al meglio e di insoddisfazione rispetto all’esistente, etc) Zagrebelsky lo spiega, con ricchezza di espressioni, partendo dall’analisi accurata del procedimento “apparentemente” o “strumentalmente” democratico adottato da Pilato e dal Sinedrio – con fondamento diverso ma con finalità convergente – per condannare Gesù, anzi per far condannare Gesù dal popolo.
L’analisi è svolta, con grande acume, partendo dai testi evangelici, ovviamente in questo contesto utilizzati come straordinario vaso di paradigmi (“una specie di bassorilievo del mondo e dell’uomo e dei caratteri umani, dove tutto ha il suo nome e la sua connotazione per i secoli dei secoli  scrive Zagrebelsky, citando Dostoevskij) e non come il testo teologico basilare del Nuovo Testamento e men che meno come un testo da vivisezionare con le tecniche degli esegeti biblici.
Ne viene fuori un quadro politico-sociologico delle reciproche interazioni fra la folla, le autorità e Gesù stesso, che, per quanto attiene alla vicenda della Passione, mi è parso completo, profondo ed originale.
Nella mia sensibilità di questi tempi, non potevo mancare di soffermarmi sui temibili processi di genesi di quel consenso che portò la folla unanime della domenica delle palme a gridare tre volte “crucifige!”: come potevano essersi determinate quelle pulsioni ostili e violente fra lo stesso popolo dell’Osanna? Che tipo di suggestione manipolativa ha influenzato la folla, trasformandola in una muta della quale non si può non avere terrore? Quali rozze semplificazioni hanno suggerito il grido, quali paure, quali facili scorciatoie della mente ha preso il pensiero e quali chine ha preso il sentimento? Quale tenda d’argilla si lascia calare tanto spesso sugli occhi degli uomini, specie quando la “massa psicologica” assorbe la psiche individuale (Freud)? “La folla che gridava il crucifige”, conclude Zagrebelsky,”era esattamente il contrario di quel che la democrazia critica presuppone: aveva fretta, era atomistica ma totalitaria, non aveva né istituzioni né procedure, era instabile, emotiva e quindi estremistica e manipolabile….una folla terribilmente simile al ‘popolo’ al quale ‘la democrazia’ potrebbe affidare le sue sorti nel futuro prossimo
E ancora, tornando più direttamente al tema civile della “democrazia critica”: “alla fine di questa ricostruzione, noi vorremmo dire che l’atteggiamento più prossimo alla democrazia – alla democrazia critica – è quello di Gesù…..quel Gesù che, silente ‘fino alla fine’ invita al dialogo ed al ripensamento; che tace, aspettando ‘fino alla fine’…….Della democrazia critica, la mitezza ….è certamente la virtù cardinale. Ma solo il Figlio di Dio potè essere mite come agnello muto. Nella politica, la mitezza, per non farsi irridere come imbecillità, deve essere virtù reciproca. Se non lo è, ad un certo punto ‘prima della fine’, bisogna rompere il silenzio e agire per cessare di subire.”
In sintesi: un libro da leggere.
 Roma, 19 settembre 2013

PS. Unica pecca del libro è quella di aver tratto tutte le numerose citazioni bibliche da un ampolloso testo seicentesco. Francamente, se mi è consentito, un vezzo fastidioso, talora molto fastidioso.



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