mercoledì 21 marzo 2012

Letture


Un saggio saggio
(di Felice Celato)

Ho appena finito di leggere un libro molto saggio, di cui raccomando la lettura agli amici, soprattutto a quelli che più facilmente indulgono alle speranze di facili soluzioni di fronte ai problemi difficili.

Si tratta di un saggio di un filosofo americano, Roger Scruton, il cui titolo (e sottotitolo) sono già di per sé eloquenti : Del buon uso del pessimismo (e il pericolo delle false speranze).

Che dice in sostanza il filosofo americano?

Proverò a farne un’estrema sintesi, anche con qualche citazione di alcuni passi che mi sono sembrati significativi, facendo rinvio alla lettura diretta dei più curiosi: la prosa limpida e serena (talora arguta) tempererà la fatica dell’approccio culturale molto vasto ed articolato.

Dunque, scrive Scruton, ciò che occorre temere, nell’erratico ondeggiare dell’irragionevolezza collettiva, è “l’ottimismo senza scrupoli” che è alla radice dei ricorrenti abbandoni dell’uomo alla follia di fallaci sottovalutazioni dell’imperfezione umana. L’esemplificazione storica è vasta ed efficace, talora impressionante; le conclusioni hanno un sapore quasi manzoniano (ricordate il pessimismo cristiano del grande scrittore della “provvida sventura”?) e ci riconducono, dalla palude delle illusioni, alla terra ferma della realtà dove “qualsiasi libertà, felicità e affetto riusciamo a conquistare, dipende dalla cooperazione con persone deboli ed egoiste tanto quanto noi”.

Un pessimismo non cupo, fatto di ironia e distacco, blandamente conservatore ma tutto sommato fiducioso nelle migliori risorse dell’uomo (“l’unico miglioramento che rientri nel nostro controllo è il miglioramento di noi stessi”), fra le quali una garbata indulgenza verso l’umanità e la sua natura: “il pessimismo assennato ci insegna a non idealizzare gli esseri umani, a perdonare i loro difetti e a cercare di correggerli in forma privata”, alla luce di una religiosità che è (qui viene citato George Santayana) “il riconoscimento da parte dello spirito della propria incarnazione”.

Al di là della piacevolezza del testo e della curiosità delle esemplificazioni sui guasti “dell’ottimismo senza scrupoli” dei tanti, piccoli e grandi cambiatori del mondo (che ambiscono – appunto – a cambiarlo somministrandogli o dosi inusitate di libertà o inasprite sanzioni o occhiuti controlli) il libro mi è anche sembrato un ottimo punto di vista da cui ripensare quanto io stesso scrivevo solo pochi giorni fa sullo ”spirito del bivio”.

E’ anche questa, per dirla con Scruton, una tipica “fallacia delle migliori ipotesi” che “davanti alla necessità di operare delle scelte in condizioni di incertezza, immagina il miglior risultato possibile”?

Per la verità, non credo. Il percepire (o la speranza di percepire), per così dire, nell’aria, “lo spirito del bivio” non vuol dire che stia per avverarsi senz’altro la migliore delle soluzioni: in fondo che cosa è più bi-polare di un bi-vio?

Roma, 21 marzo 2012 (inizia la primavera…..almeno astronomicamente, chioserebbe Scruton)



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