Passeggiata
surrealista
(di Felice Celato)
Oggi lo stupi-diario è all’insegna di un divertito
stupore surrealista.
Sarà stata l’atmosfera del venerdì pomeriggio (un
moderno succedaneo del sabato di Leopardiana memoria) o l’aria di una precoce
primavera (io sono molto meteo-sensibile) o il gusto di un ottimo mezzo toscano
fumato con lentezza all’ora di pranzo ma è certo che oggi ero proprio ben
disposto a guardare il mondo con occhi divertiti.
E piazza di Spagna, meravigliosamente assolata, me ne
ha dato diversi spunti: la scalinata e la piazza stessa erano affollate di
turisti incantati dalla bellezza del contorno architettonico e di yuppies in pausa pranzo, tutti tirati
nei loro gessati di rigore.
Improvvisamente dall’alto della scalinata, vedo
scendere, facendosi largo fra i cultori del bel sole di quasi primavera, due
alti guerrieri romani coi loro cimieri rossi, il gladio al fianco e la corazza di cuoio allacciata.
Il contrasto con l’ambiente avrebbe già di per sé fatto la gioia di André
Breton, il teorico del surrealismo ( “un
dettato del pensiero, senza alcun controllo esercitato dalla ragione, al di fuori
di ogni preoccupazione estetica o morale”); ma il massimo del surreale si è
palesato poco dopo, quando ho notato che i due legionari , fattisi largo fra la
folla, trascinavano, fra l’indifferenza di quanti sedevano sugli scalini,
ciascuno un modernissimo trolley,
quelle valigie da globe trotters
tanto comuni nei nostri aeroporti.
Ma gli incontri surreali non sono finiti lì: entro
nella (sporca) galleria che porta dalla piazza al parcheggio di Villa Borghese
(quello che io chiamo il parcheggio di Condotte, in onore della gloriosa società di
costruzioni che lo costruì) e vedo, nel solito angolo vicino all’ingresso, il
solito imponente mendicante che sosta, seduto su uno sgabello di fortuna e
circondato dalle sue masserizie: la barba bianca fluente fino al petto, l’aspetto
massiccio, i vestiti pesanti sia in estate che in inverno, un grosso cappello calato fino agli occhi. Se non fosse per il pesante Crocefisso di peltro che gli spunta sotto la barba potrebbe essere uno
di quei vecchi ebrei askenaziti della Galizia che popolano i racconti della
frontiera orientale di Joseph Roth. Mentre cerco nelle tasche la solita
monetina, il vecchio mendicante si scuote dal suo triste torpore e, con gesto
sicuro, estrae il suo cellulare vibrante e comincia una conversazione animata
in una lingua non facilmente identificabile.
Ce ne era abbastanza per chiudere la passeggiata, felice del bagno di primavera fra i contrasti dei dì nostri. Ma raggiunta la macchina,
accendo la radio e chi ti sento? L’ex ministro Bondi che rievoca i bei tempi
di una volta quando un’infermiera di un ospedale lo chiamò James Bond!
Che bello avere una buona disposizione dell’animo, non
ostante tutto!
Roma 24 febbraio 2012
Che bella sopresa trovare un po' di sorridente osservazione dell'umanità in mezzo alle scorate analisi politiche e sociologiche di questo blog!
RispondiEliminaMarta