venerdì 10 febbraio 2012

Ecologia della convivenza


"Santa" ingenuità
(di Felice Celato)
Vorrei ritornare sul tema dell’ ecologia della convivenza come antidoto ai mali (meglio: ad alcuni mali) del presente per cercare di sottrarmi alla facile obbiezione della… “santa” (absit laudatio verbis) ingenuità di alcune “raccomandazioni” che mi ero sentito di farci con l’ultimo post.



In particolare mi interessa di ritornare sul concetto di generosità (forse solo un eteronimo della bontà), andando a ricercare supporto da qualcuno dei testi che mi avevano aiutato a mettere a fuoco le mie convinzioni. Eccomi quindi, di nuovo, al già citato testo (…..tosto, l’ho già detto, ma altamente raccomandabile) del filosofo morale Salvatore Natoli (Il buon uso del mondo, Mondadori, 2010), che – lo dico subito – ampiamente mi conforta nell’analisi dell’urgente bisogno di un risanamento del nostro con-vivere.


Me ne dà spunto, si sarà già capito, l’osservazione di quanto continui ad essere aspro il dibattito pubblico italiano: finito – per consunzione storica dei contendenti – il periodo della lotta politica come contesa di reciproci odii, ne è rimasto però vivo lo stile su molti media (basta scorrere titoli ed articoli di molti giornali o sottoporsi al deprimente spettacolo di molti talk show) ma anche – ciò che è ancora più grave – in molti atteggiamenti della cosiddetta “gente comune” (espressione quanto mai banale) non solo per come viene riflessa nei commenti recepiti dai media (le interviste ai passanti o agli arrabbiati di turno, autentici o forzati) ma anche per come si dipana nelle conversazioni private; e, si sa, “le parole generano opinioni e le opinioni danno forma ai sentimenti. I sentimenti diventano fatti.” Ciò che valse – in tragico – per il pregiudizio antiebraico ( la citazione è, non a caso, da R. Calimani: Storia del pregiudizio contro gli ebrei, Mondadori) è pure valso – ancora per fortuna senza conseguenze tragiche, se non sporadiche – per tanti altri pregiudizi di casa nostra (dai “terroni” ai “Bingo-Bongo”, al “tutti ladri” di –ahimè! – ordinaria ricorrenza).


Ormai la cifra del nostro giudizio sugli altri è il disprezzo sistematico, la sfiducia preconcetta, l’alterigia della presunta superiorità (etica), la sommarietà maligna e massacrante dei giudizi, quasi sempre, incompetenti, la ricerca ossessiva del rinfaccio; il tono, sempre quello dello sfogo inviperito o dello sbocco di malanimo. [Un esempio che mi ha colpito, fra i più recenti: la reazione in chiave di attacco personale ad alcune (effettivamente, forse, solo un po’ fatue) opinioni di alcuni nostri ministri (Fornero, Cancellieri, Martone): sul merito (ammesso che ve ne fosse), nulla, solo qualche slogan consunto; tutto sulla persona – o sulla famiglia della persona – , alla ricerca di una sua presunta debolezza morale che nemmeno i moralmente ineccepibili possono sottolineare con tanta asprezza, come se chi esprime un’opinione dovesse necessariamente comprovarla con la propria immacolatezza. In fondo a questa asprezza c’è l’assolutistica pretesa di dominio sull’altro basata non su una superiorità etica –che nessun umano può sensatamente rivendicare – ma sulla capacità di sollevare rumore discreditante, distruttivo, nichilista.]


Di fronte a ciò (che non ci porterà né bene né lontano se non sapremo porvi fine, ed anche rapidamente: le elezioni arriveranno pure e vedremo, temo, i risultati di tale nostro autodistruggimento) mi ha confortato appunto rileggere il capitolo conclusivo (Democrazia e virtù civili) del volume cui facevo cenno all’inizio, dove hanno largo spazio alcune citazioni di quel singolare filosofo ed ottico che fu Baruch Spinoza, maestro della tolleranza. “Per essere credibili dobbiamo in primo luogo essere severi con noi stessi. Ci renderemo così consapevoli che non è facile conformare la vita ai principi. Consapevoli di questo, saremo miti con chi sbaglia senza transigere sull’errore”,scrive appunto Natoli che poi, citando largamente Spinoza (Etica), definisce la generosità come “la cupidità con cui ciascun si sforza per il solo dettame della ragione di aiutare gli altri uomini e di riunirli in amicizia”; una passione quindi, come l’odio,del resto, ma non “una passione triste”, “attiva e non reattiva”,che allontana “le passioni malvage e respinge le offese”.


Con qualche amico, c’eravamo prescritti, anni fa, l’esercizio di ascesi civile di sorvegliare sempre i nostri linguaggi ed i nostri pensieri: sono convinto che questo esercizio meriti ancora di essere praticato, con costanza, vietandoci anche l’ascolto di chi non vi si conforma.


Concludendo: l’appello alla generosità è solo “santa” ingenuità o un permanente bisogno minimo di una vera ecologia della convivenza?


10 febbraio 2012 (aspettando la nuova neve)













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