martedì 21 maggio 2024

Ritorno al presente

Le elezioni di giugno

(di Felice Celato)

Eccomi qua, purtroppo riportato al presente dallo scorrere del calendario (fugit irreparabile tempus, direbbe Virgilio) ma, ancora una volta, con due fugaci segnalazioni di letture che, per la loro natura, hanno però contribuito ad allontanarmi dai mondi dei Borgia, del Manzoni, di Joice Lussu, di San Paolo e del matematico scettico coi suoi colloqui con Benedetto XVI, nei quali avevo trovato ristoro dalle allergie delle cronache nostrane; che, però, irreparabilmente urgono. 

Si tratta di due saggi di diversa natura ma entrambi focalizzati sui nostri destini Europei. 

Il primo (di Michele Bellini, Salviamo l’Europa, edizioni Marietti1820, 2024, ebook) è un testo sospeso fra la storia recente dell’Europa e le prospettive di allargamento e di ri-progettazione strategica e funzionale della stessa. Ne viene fuori un quadro politicamente molto complesso ricostruito attraverso otto parole chiave per riscrivere il futuro (allargamento, sovranità, democrazia, sostenibilità, immigrazione, convergenza e tecnologia). Non mancano, ad avviso di chi scrive, alcune scontate accentuazioni non pacifiche (specie sull’usurato dilemma stato-mercato); ma complessivamente il lavoro dell’autore si segnala per il tentativo di completezza e di organicità.

Il secondo saggio (di Claudio Martinelli, Il Parlamento Europeo, edizioni Il Mulino, 2024), per l’ambito specifico delle analisi condotte, ancor più si raccomanda in quanto arricchisce il quadro tematico-politico con una più precisa (e largamente ignorata) prospettiva tecnico-giuridica, estremamente utile in quanto focalizzata proprio sull’istituzione (il Parlamento Europeo, appunto) che saremo a breve chiamati a ri-generare, nella sua composizione, sulla base dei mutamenti politici che si sono prodotti in questo recente quinquennio (e non solo in Italia). 

Già, perché, se anche non fossimo stati richiamati alla realtà dall’ "imperdibile"  baruffa

chiozzotta sull’abortito confronto Meloni-Schlein, comunque dovremmo ricordare che, fra una ventina di giorni, quasi 360 milioni di elettori saranno chiamati alle urne nei 27 stati membri per una consultazione democratica alla quale – posso sbagliare, come sempre – annetto una decisiva importanza per l’Europa (della quale siamo poco coscienti cittadini) ma soprattutto per il nostro, forse del tutto incosciente, paese.

Essendomi programmaticamente auto-definito (cfr. noticina Chi scrive, qui accanto) un elettore sempre deluso da chi ha votato, comprenderanno i miei lettori l’assoluta reticenza ad elargire (peraltro non richiesti) pareri (probabilmente destinati alla fallacia). Però, proprio attingendo dal libro di Martinelli, un pro-memoria sul senso delle prossime elezioni voglio consentirmelo: lo spartiacque attorno a cui si profila la competizione sarà quello tra europeisti e sovranisti, cioè tra forze politiche interessate e disposte a innescare un'evoluzione dell'Unione Europea in senso tendenzialmente federale, e altre convinte della necessità di rivedere le dinamiche europee ma nel senso esattamente opposto, cioè per dare ancora più forza alla dimensione nazionale nel momento decisionale. In sostanza, da una parte più potere alle istituzioni comunitarie per decidere sulla base di interessi generali dell'Unione nel suo complesso; dall'altra più spazio ai governi degli Stati, per far prevalere la loro interpretazione degli interessi nazionali, sia per avanzare qualche proposta, sia per potersi opporre a decisioni che non condividano.

Al di là delle inclinazioni di ciascuno verso questa o quella impostazione “filosofica” (il mio ben noto apprezzamento per la vita e la cultura politica del nostro Paese, rende inutile precisare su quali dei due versanti mi schiererei), tre cose comunque mi paiono certe: (1) che le prossime elezioni Europee saranno di decisiva importanza per il futuro delle nostre generazioni più giovani; (2) che, perciò, la diserzione dal voto stavolta sarebbe più colpevole del solito; (3) che, proprio dall’ampiezza e dalla significatività “democratica” del voto, dipenderanno le possibilità di un rafforzamento del ruolo del Parlamento Europeo, per puntellare e sanificare la percezione dell’Europa come destino e patria comune di noi tutti cittadini ( a scapito del ruolo di bersaglio ideale per tutte le variegate colpevolizzazioni  che populismi di ogni genere ne hanno fatto per diluire le responsabilità delle proprie insufficienze).

Roma 21 maggio 2024

 

 

 

sabato 18 maggio 2024

Pentecoste 2024

 Un augurio per tutti

(di Felice Celato)

Una bella festa, quella di domani, per chi ha la ventura di viverla alla luce della Rivelazione! Ma non solo per essi.

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano…. e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi…

A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Ed erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: “Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proseliti, Cretesi ed Arabi e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio”.(Atti, 2, 1-11).

L’antitesi di Babilonia (per questo la si chiamò Babele, perché il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. Gn, 11,9) e il fondamento della cattolicità (universalità) della Chiesa.

Nella Babilonia del presente, la Pentecoste rechi a tutti, fideles e non, la capacità di parlare in una lingua comune di verità; e di ascoltarsi vicendevolmente, anche facendo un po' di silenzio per veramente ascoltare.

Ci sono troppe cose che non sappiamo (o non vogliamo?) più comunicarci. 

Roma, 18 maggio 2024, viglia di Pentecoste.

mercoledì 15 maggio 2024

Un'altra segnalazione

Il Natale del 1833

(di Felice Celato)

Sempre sulla via della fuga dal presente, eccomi con una nuova segnalazione; stavolta si tratta di una rilettura di un romanzo letto una prima volta quasi quaranta anni fa: di Mario Pomilio, Il Natale del 1833 (Mondadori, 1988); un romanzo – lo dico subito – “difficile”, che suscitò, a suo tempo, tante di quelle sapienti recensioni onde (al redattore di questa nota) per poco il cor  non si spaura; “difficile”, dicevo, per il tema “eterno” trattato (il cd silenzio di Dio), per la penna complessa dell’autore (Mario Pomilio, come sanno i miei lettori, da me molto amato), per l’immenso personaggio del protagonista (Alessandro Manzoni, qui a lungo silente e angosciato) e per la struttura stessa della narrazione, un mix di invenzione letteraria e di deboli tracce storiche (alcuni frammenti di un inno sacro, solo abbozzati dalla penna dello stesso Manzoni, a valle della morte dell’adorata moglie Enrichetta Blondel, appunto nel giorno di Natale dell’anno 1833).

Che doveva pensare, l’ormai cattolicissimo don Lisander – il cantore letterario della Provvidenza – del proprio dolore, della sua fervente preghiera non esaudita, nel giorno della solennità cristiana della nascita del Salvatore? 

A questo interrogativo Pomilio cerca una risposta, (letterariamente) immaginando un Manzoni naturalmente sconvolto, che si rifugia nella stesura di una tragedia di argomento biblico proprio su Giobbe o nella revisione del testo de La colonna infame, perché non gli consente più di leggere la storia nel quadrante della fede; e anche tentato dalla disperazione (deve essere terribile domandare a Dio di non chiedere troppo alla nostra fede), fino alla catarsi fideistica in una lettera (anch’essa immaginata da Pomilio) al suo amico Fauriel (che cosa c'è, riflettendoci bene, di più consolante che questa solidarietà non di forza e di giustizia, ma di compassione e d'amore? E in verità è questo, semplicemente, amico mio: la croce di Dio ha voluto essere il dolore di ciascuno; il dolore di ciascuno è la croce di Dio).

Come si intuisce da questi pochi elementi, Il Natale 1833 di Pomilio, col suo essere ad un tempo racconto e meditazione, si pone naturalmente fra le opere più dense della nostra letteratura del secolo scorso; forse sorretto dalle autorevoli recensioni più che – immagino – dal consenso dei lettori, vinse anche il premio Strega del 1983. Anche al lettore di oggi può forse apparire pesante; e un po’ lo è, non ostante la brevità. Io l’ho trovato tuttavia molto bello, come del resto mi apparve quando lo lessi la prima volta.

Roma, 15 maggio 2024

 

sabato 11 maggio 2024

Segnalazioni

 Letture come via di fuga

(di Felice Celato)

Sempre nell’intento (puntualmente frustrato) di trovare nelle letture (o nelle riletture) la via di fuga mentale dall’angoscioso presente (del mondo e del nostro paese), in questo periodo il mio ritmo di lettura si è – se possibile – ulteriormente accelerato. Eccomi dunque al solito, breve, resoconto delle letture più significative, limitandomi ad alcuni saggi veri e propri ma associando ad essi  quelli in forma di narrazione: 

  • Il primo (e di gran lunga il migliore, in questa fase delle mie letture) è un libro di Salvatore Maurizio Sessa [Il Gesù di Paolo e il Paolo di Gesù (San Paolo, 2009)], una specie di biografia spirituale di San Paolo, attraverso le sue lettere e gli Atti degli Apostoli, scritta da un biblista e teologo che, fra l’altro, cura per la Scuola Biblica delle Stimmate un bellissimo corso di teologia biblica, che raccomando di seguire, fruibile anche da remoto. Molto bello, ben scritto, anche – ovviamente – con intenti parenetici, il testo ha contribuito con efficacia al rafforzamento della mia ormai datata convinzione che San Paolo costituisca l’umano pilastro che regge la storia della nostra fede nel tempo. Una lettura altamente raccomandata.
  • Il secondo saggio (come si capirà subito, di tutt’altra “area”) è l’ampio volume di un matematico dalla penna molto prolifica [di Piergiorgio Odifreddi, In cammino alla ricerca della verità (Rizzoli, 2022)], che – lo confesso – se non mi fosse stato regalato da un amico che, però, mi chiedeva di leggerlo, non avrei certamente scelto di leggere. In esso, l’autore presenta le cronache intellettuali di qualche cordiale e anche affettuoso incontro e di molte corrispondenze (ovviamente di squilibrata lunghezza) con Benedetto XVI,  puntualmente ed onestamente riprodotte dall’autore come corpus del libro ma anche come spunto per le ampie contro-repliche e le immense divagazioni dell’autore stesso. Non è il caso in questa breve nota di accennare nemmeno di sfuggita ad alcuno dei temi critici di Odifreddi, tutti – a mio avviso – testimoni di attente letture e riflessioni ma dichiaratamente orientate ad un ragionante scetticismo sistematico che certamente non fa propria “l’opzione fondamentale” ( JR, Introduzione al cristianesimo: credere vuol dire aver deciso che nel cuore stesso dell'esistenza umana c'è un punto che non può essere alimentato e sostenuto da ciò che è visibile e percettibile, ma dove si incontra l'invisibile, sicché quest'ultimo gli diviene quasi tangibile, rivelandosi come una necessità inerente alla sua esistenza stessa ). Dò invece ben volentieri atto all’autore del libro dell’onestà intellettuale con la quale ha riferito delle severe notazioni di BXVI, sia quando estese e puntuali sia quando forse manifestate attraverso una possibile stanchezza (anche ingravescente aetate) di fronte al dilagare dialettico dell’autore.
  • Il terzo libro, invece, è un testo più che stagionato [di Alexandre Dumas, I Borgia (Rea, 2014, in formato e-book)] che ricostruisce in forma narrativa la convulsa storia dei Borgia (in particolare di papa Alessandro VI e di suo figlio, Cesare Borgia, il cd Duca Valentino, che tanto piaceva per coraggio ed intelligenza a Machiavelli), raccontata attraverso i mille intrecci delle alleanze che Papa e figlio andavano costruendo e disfacendo per assicurarsi potere, ricchezze e “gloria”. Curioso che il libro si concluda con una citazione che – durante tutta la lettura – anche a me era venuta in mente: la novella di Boccaccio sull’ebreo che si converte al cattolicesimo perché – vista la corruzione dei pontefici e dei loro entourage romani (si era nel 1300!) – si convinse che la sussistenza della Chiesa non poteva che essere frutto dell’assistenza dello Spirito Santo, non certo della dignità dei suoi capi (di quel tempo ora lontano).
  • Il quarto (ed ultimo) libro di questa raccolta di vie di fuga dal presente, è dello stesso genere (saggio in forma narrativa) ma relativo a personaggi assai più recenti e anche assai meno noti [di Silvia Ballestra, La Sibilla - Vita di Joyce Lussu (Laterza, 2022, ebook)]; un saggio storico-politico e letterario sotto forma di biografia di Gioconda Beatrice (detta Joyce) Lussu, moglie (anglo-marchigiana) di Emilio Lussu, antifascista e militante protagonista della resistenza. Un personaggio (Joyce Lussu Salvadori) molto interessante, di grande energia rivoluzionaria e femminista, scrittrice e poetessa costantemente impegnata nelle lotte antifasciste un po' in tutta Europa e anche in Africa, anche a prezzo di gravissimi rischi personali, corsi con indomita passione. Un  saggio senz’altro molto interessante, frutto di una appassionata ricerca documentale, anche piacevole da leggere nonostante una prosa talora pesante.

Certo, dirà qualche lettore malizioso, con queste letture ti sei perso gran parte dell’interessantissimo dibattito preelettorale, completamente de-focalizzato rispetto ai valori sottoposti al giudizio del “popolo” (anzi: dei popoli)! Pazienza, me ne farò – ben volentieri – una ragione.

Roma  11 maggio 2024