La messa di Neghelli
(di Felice Celato)
Oggi, essendo domenica ed avendone – grazie a Dio – l’abitudine, ho partecipato ad una Messa…. in provincia. Dopo forse un anno continuato (complice il Covid ma anche una certa senile odofobia, il fastidio per i viaggi, Reiseangst, credo direbbe Freud), dopo forse un anno continuato, dicevo, di solenni Messe nella magnifica Chiesa Romana del Gesù (con tutto il contorno solenne, misurato, curato e colto dell’ambiente Gesuita) ho partecipato ad una messa…in provincia, a Neghelli, piccolo sobborgo di Orbetello, piccolo paese (una volta di pescatori, oggi forse prevalentemente di operatori del turismo) sulla laguna di fronte al Monte Argentario. Il “contorno” qui non poteva essere più diverso da quello per me abituale da quasi un ventennio. Una chiesa moderna, direi semplice e quasi spoglia; un ambiente umano assai differente da quello “colto” e forse “borghese” (o, se si vuole, “radical chic”) dei “clienti dei Gesuiti” (ironico o forse sarcastico copyright di matrice gesuita, naturalmente), che confluiscono ogni domenica al centro per ascoltare il predicatore – diciamo – “famoso” e, comunque, sempre interessante (anche quando fustiga con furia i fedeli); un “pretino” giovane (non credo abbia 30 anni!); una predica breve e sensata (un solo concetto nient’affatto banale: il miracolo come forma quotidiana della “conoscenza” di Dio); un uditorio piccolo (una quarantina di persone), tutto di residenti (io e mia moglie eravamo forse gli unici “ospiti” della comunità locale); un piccolo coro (due uomini e due donne, bravissimi!); tante comunioni quanti erano i fedeli.
La Messa, come sa bene ogni pio cattolico, è la stessa – nel suo significato intrinseco – ovunque la si partecipi; ma la messa di Neghelli sul finire mi ha lasciato un’emozione particolare, forse “scandalosa” se giudicata secondo correnti (e talora interessate) vulgate: la Chiesa c’è! C’è, forse di nuovo pusillus grex di fronte allo Zeitgeist, frammezzo al suo popolo, col suo eterno messaggio (al riparo dalle mode dei tempi, più piccola e nascosta di un tempo ma non meno “fedele”), con la sua capacità di parlare ai milieux sociologici più diversi, con messaggi profondi, con sensi perenni e preziosi per tutti, sottratti alla “logica democratica” dei numeri ed ascritti all’ “economia della salvezza”!
Confesso che – se è consentito così esprimersi – la Messa di Neghelli mi è stata emozionalmente “utile”; mi ha consolato e sottratto alle mie meditazioni sconfortate di questi tempi: pensate che – complice una ennesima rilettura di un paio di libri del “ciclo americano” di Isaac B. Singer, Ombre sull’Hudson e Anime perdute – mi ero abbandonato alla ruminazione di un noto “aforisma” di Kant: “dal legno storto di cui è fatto l’uomo non si può fabbricare nulla che sia veramente dritto”; concetto forse “triste”, specie se misurato sulla scala dei nostri orgogli di specie, ma in fondo non molto lontano da quello incastonato al centro di un antico inno allo Spirito Santo: sine Tuo numine, nihil est in homine, nihil est innoxium.
E – se posso esprimermi così in un “luogo” anche minimamente mediatico ma frequentato anche da “laici” – lo Spirito Santo mi è parso presente nella chiesa di Neghelli, in una piccola comunità di fedeli di un piccolo paese della Maremma, a ricordarci che senza di Lui non possiamo fare nulla (o, per venire alle mie ruminazioni, senza di Lui possiamo solo fare il nulla, come è del resto naturale per il legno storto della nostra umanità).
Orbetello, 8 agosto 2021, san Domenico Guzman
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