venerdì 13 maggio 2011

Lontano dal rumore dei giorni

Due letture



(di Felice Celato)


In questo periodo di nausea della politica,dei suoi rumori sguaiati e della sua ciarliera inadeguatezza, forse vale più che mai la pena di rifugiarsi nelle letture, meglio se distanti, molto distanti, dal presente.


Ne segnalo agli amici due, in diverso modo, molto piacevoli ed interessanti.


La prima è un classico, per la verità sicuramente già letto da molti e anche da me forse più volte ma mai gustato così tanto come quando lo si rilegge in età….diciamo matura: Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, una specie di contro-romanzo risorgimentale, di intonazione narrativa direi manzoniana (la lieve ironia dell’autore, il suo distacco non privo di compassione, il suo radicamento storico) ma di spiritualità rothiana: ne Il Gattopardo, il Principe di Salina che sente di appartenere “ad una generazione disgraziata a cavallo fra i tempi vecchi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due”; ne La Marcia di Radetsky (di Joseph Roth), il Barone von Trotta,il capitano distrettuale dell’Impero asburgico, che “non poteva sopravvivere all’Imperatore” e chiude anche lui gli occhi quando questo muore. In entrambi i romanzi un’elegia della storia che passa, srotolandosi sopra le teste di uomini che ne hanno percepito con dolore il passaggio senza comprenderne le ragioni, anzi radicandosi mestamente nel passato: l’uno, il Principe di Salina, amaramente fiero dell’essere stato l’ultimo dei gattopardi mentre già si affacciano sulla scena della storia “gli sciacalletti e le iene”; l’altro, il Barone von Trotta, abbandonato al declino della civiltà nella quale riposavano ordinatamente tutti i suoi valori. Anche le stupende scene di morte hanno un sapore comune, nei due romanzi: la dignità della morte e la morte di due dignità, pur fra loro tanto lontane, quella di un Principe Pari del Regno di Sicilia che anche morendo “corteggia la morte”, e quella di Joseph, il Maggiordomo di un capitano distrettuale dell’Impero Asburgico, che sul letto di morte “sotto le coperte fece un debole tentativo di battere i talloni”.


Il senso della storia, dunque, e del suo scorrere avanti alla capacità degli uomini di comprenderne i passaggi, sempre vòlti come sono a formulare previsioni sul futuro (“a noi e a tutti vietate non per altro che per essere vane”, Benedetto Croce) nelle quali si proiettano le percezioni, spesso confuse e inadeguate, del presente o le interpretazioni, magari emotive, del passato: Il Gattopardo, questa specie di homme dépaysé della storia, è la sintesi letteraria di questo disagio; e forse proprio per questo l’ho sentito molto vicino ed ancora attuale, al di là dei suoi certi meriti, appunto, letterari.


Veniamo alla seconda lettura, scoperta per caso, per consiglio di un…insospettabile collega. Si tratta dell’opera di un filosofo e scrittore francese (Eric-Emmanuel Schmitt) intitolata Il Vangelo secondo Pilato: non di un trattato di teologia si tratta, ovviamente, ma di un “romanzo” articolato in due parti: la prima, più breve, che si immagina scritta dallo stesso Gesù, nella quale, con grande perizia letteraria si affronta il tema della nascita della cosiddetta (dai teologi) coscienza messianica di Gesù: come nasce nel figlio del falegname nazareno, come emerge all’interno della profonda pietas del ragazzo che lentamente sta diventando uomo, la percezione del suo essere il Messia? Come si svolge il suo rapporto col discepolo che lo tradirà, proprio per accompagnare l’adempimento della missione messianica?


La seconda parte, più estesa, invece è costituita dalle lettere che si immaginano scritte da Pilato al fratello Tito per tenerlo aggiornato della affannosa ricerca della prova dell’”impostura” della resurrezione, del puntuale fallimento di ogni presunta dimostrazione fino alla progressiva nascita in Pilato di una confusa coscienza dell’eccezionalità di quanto deve essere avvenuto,una coscienza fortemente influenzata dalla fede nata in Claudia Procula, sua moglie.


Un romanzo, senz’altro un romanzo, ma scritto con intelligenza e profonda conoscenza dei temi di fondo della nostra fede che, liberamente, emergono in filigrana attraverso una narrazione tesa e ben strutturata; un’altra lettura che non ha fatto rimpiangere il tempo sottratto alla lettura dei giornali di questo oscuro periodo della nostra storia.


Credo di ricordare che domenica si vota in molte città italiane, alcune molto importanti: non potremo evitare, temo, il clamore di ulteriori oltraggi all’intelligenza dei cittadini.


13 maggio 2011

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