L’ambiguo conteggio del tempo
(di Felice Celato)
I numeri non dicono tutto, lo so; e anche chi, come me, ha passato una vita ad occuparsi di essi e del loro significato, non può non riconoscerlo. Quando poi – come dicevo giusto quattro anni fa – i numeri vengono usati per misurare il tempo, ci si rende conto che essi non esprimono le qualità che fanno di ogni singola unità una sorta di piccola monade esistenziale, pur nella continuità del fluire degli anni: che vita facevo quando avevo, per esempio, 25 o 50 anni? E quanto è differente l’intensione (*) di quegli anni, cioè il loro contenuto esistenziale, anche a prescindere dalla loro estensione? In fondo, da questo ultimo punto di vista (quello dell’estensione), il 25° anno di età dura quanto quella del 50° o 75°; ma dal punto di vista dell’intensione le cose sono molto diverse. E ce se ne rende conto… appunto col passare del tempo, stavolta nella complessiva dimensione dell’estensione.
Per esempio, quando avevo 25 anni non avrei mai pensato che, cinquanta anni dopo, oggi, appunto, sarei stato lungamente impegnato nell’ozioso esercizio della tardiva addizione di ampiezza alla seconda leva (quella del polso) durante la torsione del back-swing (cioè nel tipico caricamento di energia golfistica).
Segno buono, diranno, con ottime ragioni alcuni miei lettori: se hai dimenticato le angosce sul presente con cui ci delizi in quasi tutti i tuoi post e se non hai altri problemi, va bene anche caricare la seconda leva!
Siano ben chiare due cose: (1) per una volta, lasciatemi prescindere dal contesto angoscioso e rotolarmi nella frivolezza; ma, siatene certi, non mancherò di tornare a deliziarvi! (2) Non è che non mi renda conto dell’immenso dono che ho ricevuto dalla vita – e ne ringrazio ogni giorno Iddio – per potermi dedicare a questa oziosa incombenza della seconda leva senza l’ingombro di ben più gravi ansie con cui pure ho lungamente convissuto. Però, come diceva un mio Presidente di una vita fa parlandomi delle sue fatiche di cacciatore di alto bordo, molti non sanno quanto sacrificio costi stare tutta la notte col dito intirizzito sul grilletto aspettando che passi il camoscio! E anche il tardivo sviluppo della seconda leva non è che non costi sacrifici, da molti - ne sono certo - sottovalutati o addirittura ignorati!
Come che sia, guardando avanti, solo per oggi con animo frivolo ed in forma totalmente de-contestualizzata, per quest’ultimo quarto della mia vita oggi mi propongo di acquisire il miglior polso che un golfista centenario possa mostrare agli increduli amici delle mattinate faticosamente oziose. Ma ancora di più – e ben più seriamente – mi auguro di continuare a vivere in salute, nel conforto di una meravigliosa famiglia che cresce, sotto l’occhio del Padre che ho sentito per tutta la vita rivolto ad essa e a me, anche durante le tempeste. E mi auguro anche di potere seguitare a sorridere, talvolta, del tempo e sul tempo che scorre inesorabile, coi miei amici che il tempo stesso ha benevolmente selezionato fra i più pazienti che un provocatore come me potesse desiderare.
Roma, 5 gennaio 2024
(*) NB: intensione, come si sarà capito, non è un errore di ortografia: un conto è l’intenzione, cioè l’orientamento verso il compimento di un’azione; e un conto è l’intensione, come sinonimo (forse arcaico) di intrinseca intensità, come meglio illustra la solita Treccani.
Nessun commento:
Posta un commento