La madre di Leonardo
(di Felice Celato)
Eccomi qua, dopo 20 giorni di silenzio fatto di crescenti perplessità sullo stato mentale ed emotivo della “nazione”, a segnalare una lettura molto utile per estraniarsi dal presente, nella storia (lontana). Si tratta di un volume che – se non nascondesse la sottile pro-vocazione di cui dirò appresso – sarebbe forse sfuggita all’attenzione dei mass-media, tumultuanti di trucismi (copyright Il Foglio) e di borborigmi vocali (copyright mio): Il sorriso di Caterina – La madre di Leonardo, di Carlo Vecce (Giunti, 2023, 530 pagine!).
Carlo Vecce, un raffinato studioso della civiltà del Rinascimento (e di Leonardo da Vinci in particolare), non è di mestiere un narratore (per esempio, usa assai poco le forbici, magnifico strumento del narratore) ma, dopo anni di studio dedicato, appunto, alla vita e ad alle opere di Leonardo, ha felicemente scelto di mettere in narrazione la parte delle sue ricerche scientifiche sulle origini familiari di Leonardo; e lo ha fatto, con prosa colta e raffinata, ricostruendo, in molte pagine, la vita di Caterina, della “principessa” circassa (divenuta una schiava italiana), che, sulla base delle sue ricerche, sarebbe la madre del grande genio, vanto mondiale della nostra storia culturale. Il libro ne segue le vicende, dalla fuga dalla sua regione caucasica fino al suo avventuroso arrivo a Firenze. I personaggi che ne accompagnano il difficile viaggio sono, in realtà, un avvincente strumento dell’autore per ripercorrere una buona parte della storia economica e sociale dell’Italia (fra Venezia, Firenze ed il piccolo paese di Vinci) a cavallo fra il XV ed il XVI secolo, sullo sfondo della magnifica figura di donna (Caterina, appunto) che sarebbe la madre del nostro genio. E’ fin troppo chiaro – credo – che il confine fra la narrazione fantastica e la verità storica non è sempre facilmente percepibile da chi, come me, non è assolutamente un esperto della materia; ma la natura dell’autore lascia presumere che la “verità scientifica” della tesi di Vecce sia perfettamente rispettata, come del resto spesso accade per i migliori romanzi storici della letteratura mondiale.
E dunque una breve considerazione vorrei riservarla proprio al senso contemporaneo di questa “verità scientifica” ed al suo contenuto “pedagogico” in questi nostri tempi di farneticazioni identitarie. Al lettore attento di queste colonnine non può essere sfuggita la duplice citazione (da ultimo in un post del 15 gennaio, Rimuginando…fra politica e culinaria) della feconda natura di ogni incontro con l’altro, che spesso temiamo come fosse il nemico della nostra (supposta) purezza.
Commenta così, il professor Vecce a conclusione del suo libro, il senso attuale del suo racconto: Trentamila morti così in dieci anni [negli abissi del Mediterraneo], nell'indifferenza totale, mentre a poche miglia di distanza sfilano luccicanti navi da crociera. Ma per molti quei morti non esistono nemmeno, non sono mai esistiti. Se sopravvivono e si adattano a fare gli schiavi a casa nostra qualcuno dirà che sono venuti a rubarci il pane, che sono sporchi, selvaggi, ladri, spacciatori, puttane, e ci portano pure contagio e malattie. È così difficile vedere nell'altro un essere umano?
Pare che la giovane Caterina avesse una spiccata dote naturale per il disegno: che sia “derivata” da lei (la bellissima circassa divenuta schiava nei nostri lidi) la somma maestria di Leonardo, il grande genio della “nostra” storia culturale?
Roma 25 marzo 2023, festa dell’Annunciazione (quando Dio si è “contaminato” nell’uomo)
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