domenica 6 novembre 2011

Stupi-diario contento

Cronache di ordinaria banalità
(di Felice Celato)


Oggi lo stupore del nostro diarietto curioso ha un tono lieto: finalmente una buona sorpresa, ancorché generata da una triste circostanza!


Spiego subito, attingendo dal Corriere della sera di oggi (pagina 6) la buona notizia: pare che si stia determinando “in rete” una specie di “indignata” (che straordinario successo per questo aggettivo!) sollevazione popolare contro una giornalista del TG2 che ha incalzato con domande a dir poco incongrue (la solita, banale caccia alle sensazioni vestita da intelligente introspezione: “Che cosa hai provato?”) un ragazzino di 16 anni che aveva appena perso sua madre nella tragica alluvione di Genova.


Buon segno! Si vede che questo modo di fare giornalismo, che da tempo mi preclude la calma fruizione (nel senso che , come direbbe Totò, “escandesco” ) di ogni servizio televisivo dedicato a fatti di cronaca nera o tragica che sia, comincia (era ora!) a nauseare anche …..”la rete” (ormai sinonimo evoluto del superato “gente”).


E’ veramente ora di dire basta alla ritualità frivola di questo (fintamente) emozionato emozionismo che, non solo specula sui sentimenti e i dolori delle persone, ma anche esalta, talora, le reazioni e le pulsioni più sconvolte ed istintive. Per carità!, nessuno nega che reazioni istintive e pulsioni siano pienamente umane e in molte situazioni anche comprensibili; ma certamente fanno parte di quel vasto modo della nostra umanità, per sua natura, destinato a restare intimo e che quando vuole manifestarsi, per restare integralmente umano (e quindi non solo pulsionale), deve essere mediato e ricomposto dalla ragione.


Questo vale per il dolore e le sue manifestazioni ed anche per l’umana disposizione al perdono da parte delle vittime indirette di fatti di cronaca nera: quante volte sentiamo porre, con untuosa insinuazione e voce impostata, la domanda "intelligente": “Ma lei perdona chi le ha fatto tanto male?”, magari quando il sangue delle vittime è ancora caldo? Che senso banale diamo, in questo modo, alla dimensione sublime del vero perdono, al suo significato puro e purificante, che comunque richiede un travaglio interiore e una raffinazione del sentimento forte e delicata ad un tempo?


Dunque se comincia una reazione diffusa a questo tipo di giornalismo, bene, molto bene, per una volta ci stupiamo con favore! Speriamo che i direttori  di telegiornali (e di giornali) ne  tengano conto.


6 novembre 2011

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