venerdì 2 settembre 2011

Olimpiadi 2020

(di Felice Celato)
E’ ufficiale: Roma si è candidata per ospitare le Olimpiadi del 2020!



Sere fa, nell’unica rete della Rai che, secondo me, merita di essere seguita (Rai Storia), ho visto, purtroppo solo in parte, un bellissimo servizio, forse di fine anni ’50, nel quale si descriveva la fervida ed operosa preparazione delle Olimpiadi del 1960: il nuovo aeroporto, le nuove vie di comunicazione, il palazzo dello sport, il villaggio olimpico, lo stadio olimpico, etc: un grande sforzo realizzativo, una grande vitalità, una traboccante fiducia nel futuro, l’orgoglio e lo slancio del fare!


Un’altra Italia, mi sono detto, un paese diverso da quello diviso, corrotto, rancoroso, incattivito, sfiduciato in cui viviamo oggi, purtroppo!


Vedo già lo scenario nel quale, Dio non voglia!, ci troveremo affondati qualora dovessimo essere prescelti fra gli altri cinque candidati (Tokyo, Madrid, Istanbul, Doha e Baku): dubbi radicali sulla scelta (perché non spendere i soldi, chessò, per gli ospedali? O per le carceri?), polemiche sui ritorni degli investimenti, aspre contese sulle aree interessate, baruffe paesane sui finanziamenti (perché il Nord dovrebbe finanziare l’iniziativa di Roma?), polemiche violente sui progetti, sospetti sugli appalti, ricorsi sugli appalti, indagini e blocchi di lavori, progressivi slittamenti di tempi e costi, e chi più ne ha più ne metta nel conto preventivo delle consuete lacerazioni con le quali diamo corpo alla macerazione del nostro tessuto civile.


Commentando, su questo blog, alcune delle argomentazioni che fiorivano attorno alle varie posizioni sui recenti referendum, nel giugno scorso, mi domandavo …..crudamente: “siamo cotti?”. Dobbiamo ammettere che la nostra generazione ha accumulato nella società una dose così soverchiante di sfiducia in se stessa da perdere ogni capacità di progettare in grande e di fare bene?


Spero con tutte le forze di no ma temo dannatamente che la risposta sia positiva. Su un tema tutt’affatto diverso (quelle delle manovre finanziarie di luglio,agosto e settembre) lo spettacolo grottesco delle misure esotiche immaginate di sera e abbandonate di mattina ha offerto del nostro Paese un’immagine devastata da populismi ed irresponsabilità, paralizzato dal palleggio dei sacrifici in funzione della protezione dei rispettivi clientes, incosciente delle urgenze e della gravità della situazione. Che cosa ci lascerebbe sperare che nel confronto con un’impresa così impegnativa (sul piano finanziario, realizzativo ed organizzativo) come quella implicata dalle Olimpiadi saremmo capaci di ritrovare gli animal spirits (“una spontanea spinta all’azione piuttosto che all’inazione”, J.M. Keynes) che innervano le grandi imprese (siano esse una serie di grandi realizzazioni o il salvataggio di un Paese affondato nei debiti)?


Leggendo le prime pagine del bellissimo (e per certi aspetti commovente) romanzo dell’Autostrada del Sole, La strada dritta di Francesco Pinto, edito da Mondadori (“il giorno in cui……viene dato inizio ai lavori, non c’è nulla: non un progetto definitivo, non le tecnologie, non le competenze professionali, non i soldi necessari. C’è sola una cosa: il coraggio di pochi uomini capaci di immaginare una via di comunicazione che unisca il Paese”) mi viene in mente quanto oggi sia impensabile un modo siffatto di procedere: non solo e non tanto perché quegli uomini coraggiosi oggi sarebbero “fermati” prima di poter stendere un chilometro di asfalto; ma perché, pur disponendo delle tecnologie e delle competenze professionali, non abbiamo oggi il coraggio di immaginare senza la censura del “chi ce lo fa fare di prenderci questo rischio?”


Ecco, chi ce lo fa fare di prenderci questo rischio? Lo penso anch’io, senza volerlo e con vergogna, di questa impresa olimpica che soverchia grandemente il Paese che siamo oggi! In fondo, se ci saremo, le olimpiadi del 2020 potremo vederle comodamente davanti al televisore nei nostri sempre più spogli salotti di un Paese di terza classe!


[So di certo che, dopo aver letto questo commento alla notizia, i pochi amici lettori di questo blog grideranno, senza scandalo, al mio (presso di loro) ben noto pessimismo. Ho già avvertito che per me pessimismo ed ottimismo non sono altro che i nomi pietosi coi quali tentiamo di esorcizzare la nostra ontologica ignoranza circa il futuro; pertanto,sono andato avanti nella compilazione della nota, nella speranza (tipica dell’ottimista!) di sbagliarmi ma nella temuta presunzione di avere, ahimè!, ragione di preoccuparmi.]


2 Settembre 2011 (spread sui Bund + 330!)

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