venerdì 21 novembre 2025

Malattie del tempo

La disforia geo-politica

(di Felice Celato)


Mi interrogo spesso sul perché la (per me) sempre gradevolissima abitudine di commentare qualcosa liberamente fra amici (come facciamo qui, spesso, magari come prodromo di una pizza domenicale) abbia, in questi ultimi tempi, perduto un po' del suo… vigore . Se ne saranno accorti, quei pochi ma carissimi amici che mi corrispondono, anche solo considerando la frequenza di questi post, passati dai circa 80/anno nel primo decennio di vita del blog ai 26/anno nel quinquennio successivo, inclusi i 9 del 2025 (*).

Una lettura di questi giorni (un articolo, letto non ricordo dove, sulla disforia di genere, argomento… non consueto fra le mie curiosità) mi ha indotto ad alcune meditazioni di cui vorrei tentare qui una sintesi che potrebbe giustificare la sindrome che caratterizza questo estremo affanno dello scrivere.

Ratione materiae, ho cercato lumi in un testo (di Giuseppe Vella, Psichiatria e Psicopatologia, Liviana Medicina, 1994) che ho qui citato più volte e gentilmente regalatomi, una trentina di anni fa, proprio dall’autore che avevo conosciuto in casa di amici.

Bene, eccomi alla (dubbiosa) “scoperta”: scrive il prof Vella (pag. 208, sottolineature mie) che la disforia o umore disforico è uno stato d'animo o umore non specificamente o unicamente orientato nel senso dell'ansia, dell'euforia, della tristezza o del delirio. È un misto di sentimenti ed emozioni, di tristezza, inquietudine, ansia, malumore, irritabilità aggressiva, vissuti in rapida ed inestricabile successione; forse fa parte di quella specie di disturbi chiamati collettivamente distimie (le terapie e le relative controindicazioni prendono diverse pagine dell’interessantissimo libro in discorso). 

Come esclamerebbe ogni paziente in cura presso il proprio “autorevole” tablet, questo mi pare proprio il mio caso! 

E – qui mi spingo avanti a tentoni nell’oscuro campo della medicina – la sua eziologia mi è chiara: ciò che leggo ogni giorno, sfogliando i giornali (non solo italiani!), è sicuramente all’origine  (ezio- sta per il greco aitio, cioè causa, come spiega la Treccani) di questa che ho chiamato la mia disforia geo-politica, di ampiezza naturalmente transnazionale ma non esente da trasversali stimoli puramente nostrani.

Del resto, che volete che si possa ragionevolmente provare guardando con occhio smagato il nostro tempo, i reggitori del mondo che sembrano esserci capitati in sorte, le pulsioni che – almeno nei regimi democratici – li hanno portati al governo del loro paese (di tanti nostri paesi!), le loro retoriche bolse e spesso aggressive che ne assicurano la presa sui nostri popoli confusi ed emotivi, e le fattuali conseguenze di esse? Come non essere spaventati dalle tempeste che tutto questo ribollire di rancori può scatenare (e di fatto ha già scatenato sui tragici scenari che ogni giorno ci riversano immagini), come i venti sfuggiti dall’otre di Eolo nel corso del viaggio di Ulisse verso Itaca? 

Pensieri angosciosi, certamente. Ma non diversi, presumo, da quelli che potrebbero aver turbato gli animi e le menti, per esempio, dei nostri genitori (o dei nostri nonni) per vari decenni della prima metà del ‘900; un secolo che, del resto, coi suoi quasi 90 milioni di morti nelle due guerre mondiali, confermò l’intrinseca fondatezza di tali angosce. Solo che c’è – nel tempo in cui siamo immersi – un qualcosa che rende per me veramente….patogena la miscela emotiva che ne deriva. Questo qualcosa che ci allontana dai nostri avi sta, forse, tutto nella enorme differenza (nel bene e nel male) fra i livelli (quantitativi e… qualitativi) dell’informazione quotidiana su ciò che accade (o rischia di accadere) nel mondo, con ricchezza di immagini, di emozioni raccolte (e trasmesse per trasmettersi).

Quella che, con amore di paradosso,  chiamo la disforia geo-politica è – temo – una malattia contagiosa e si può passare da una persona all’altra anche per via… commentaria. Per il bene dei miei lettori, quindi, tornerò ad un lungo (?)  silenzio con la sola (viva ma pur sempre terrena) speranza che le circostanze possano rendermelo breve. Su un piano assai lontano (?) da quello terreno, mi resta solo il conforto delle Parole con le quali il Signore Risorto si congeda dai Suoi discepoli (Mt. 28, 20): Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.

Roma 21 novembre 2025 (**)

 

(*) Una curiosità: nonostante la descritta differenza fra la frequenza di questi post negli anni, questo blog continua ad avere molte visite, alla ricerca, forse, di mie vecchie opinioni che interessano a qualcuno… magari solo amante dell’archeologia. Devo dire, con molta immodestia, che rileggendo i post che gli ignoti frequentatori sembrano scorrere con avidità, accanto – inevitabilmente – a cose meno chiare o magari sbagliate, qualcosa di non malvagio mi pare di averlo scritto… almeno in tempi remoti. E mi va di sperare che solo questo sia il motivo del perdurante interesse!

(**) Solo una cinquantina di parole in più delle 750 che costituivano “la regola” di questi post! Non sono troppe per un (magari provvisorio) congedo.

Nessun commento:

Posta un commento