….richiedono tempo.
(di Felice Celato)
E’ passato più di un mese da quando, per mantenere vive le nostre conversazioni asincrone (sempre senza pretese di verità), ho scritto qui l’ultimo post (del 19 maggio).
In questo insolito periodo di pausa (periodo di temporali, di funerali, di “coccodrilli” più o meno decorosi, di nuovi angoscianti annegamenti, di primi caldi veri, di profezie pettegole e brevi-miranti, di cronache nere diventate invasive, di cronache politiche desolanti, di ribellioni e pentimenti) semplicemente non ho avuto voglia di scrivere; e nessuno ne avrà sentita la nostalgia.
Io, però, sì, ho avuto nostalgia delle riflessioni davanti alla tastiera; nostalgia che ha finito per prevalere sulla stanchezza (che forse non ha solo ragioni stagionali); ma anche per prevalere sulla sensazione di non riuscire più a padroneggiare il fastidio per questo nostro chiassoso ed indecifrabile presente.
Così, per non commentare i fatti dei tempi, ricorro al Libro che non ha tempo, perché tutto il tempo racchiude; e dal Vangelo (secondo Luca, stavolta) ho tratto il passo che mi ha accompagnato nelle riflessioni di questi giorni: Non c'è… albero buono che faccia frutto guasto, né ancora albero guasto che faccia frutto buono. Infatti ogni albero si conosce dal suo frutto; perché non da spine si raccolgono i fichi, né da rovo si vendemmia uva (Lc 6, 43-44; ma più o meno con le stesse parole anche Mt 7, 18 e 12, 35).
Ecco: ogni albero si conosce dal suo frutto; ma nel tempo giusto del raccolto.
Se applicassimo questo concetto alle cronache, probabilmente gran parte di esse perderebbero molte parole (e non sarebbe un male, anche per i nostri noiosi giornali!), nell’attesa della stagione dei raccolti, quando ognuno sarà (forse) in grado di riconoscere l’uva e i fichi.
Attendendo questa stagione (e, si sa, fichi e uva sono frutti dell’estate matura o addirittura del primo autunno), “godiamoci” le nostre follie sul MES; che però un beneficio (tra i tanti mali che cagionano alla nostra cittadinanza Europea) ce l’hanno: dimostrano per tabulas che non esiste una “volontà dell’Europa” senza la volontà dei Paesi che la compongono; ripetendomi, starei per dire: l’Europa siamo noi… purtroppo.
Vedremo, ma nella stagione dei raccolti, perché ogni albero si conosce dal suo frutto. E il frutto chiede il tempo. E il tempo pesa; per esorcizzarne l’ansiogeno decorso, mi sono rifugiato nella lettura di un saggio di Dario Antiseri su Blaise Pascal (Pascal – Miseria e grandezza dell’uomo, Editore: Mimesis, 2022) di cui quest’anno ricorre il quattrocentesimo anniversario della nascita: se non ci fosse nessuna oscurità, l'uomo non sentirebbe la propria corruttela; se non ci fosse nessuna luce, non spererebbe nessun rimedio.
Roma 25 giugno 2023
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