sabato 5 ottobre 2024

7 ottobre

 Solitudine di Israele

(di Felice Celato)

In mezzo al rumore delle parole (e speriamo solo delle parole!) col quale il mondo commenterà l’anniversario del pogrom del 7 ottobre 2023, col tutto il suo carico di violenza, d’improvviso perpetrata e – per voluto converso – suscitata, mi pare saggio segnalare un denso libro di Bernard-Henry Levy (La solitudine di Israele, La Nave di Teseo, 2024) che aiuta nel desueto esercizio del riflettere con uso di memoria e di coscienza: questa guerra è una guerra atroce che gli israeliani non hanno voluto. Il loro è un nemico terribile, il cui desiderio proclamato è quello di poter mostrare non solo il maggior numero possibile di morti ebrei, ma, in quello stesso campo, il maggior numero possibile di martiri.

Nel breve corso del libro (170 piccole e nitide pagine) ho ritrovato raccolti i pensieri che la singolare, inquieta storia di Israele mi ha sempre suscitato e che – credo – non può non suscitare in chi sappia guardare ad essa con l’animo disposto a riconoscerne la bellezza, l’originalità e la forza ideale, fra le tante vicende che le hanno insidiate; e i sentimenti di chi, innamorato dell’anima ebrea, abbia saputo coglierne la tormentata sopravvivenza anche di fronte alla (perenne) minaccia esistenziale che non ha, dinnanzi a sé, che una sola scelta, la scelta irrinunciabile di continuare ad esistere.

Si tratta di un libro complesso, cólto (come è ovvio attendersi da B-H. Levy), appassionato e commovente, che va letto con calma (anche perché scritto con una prosa spesso complessa); e che va meditato giorno per giorno, mentre si dipanano nelle cronache e nei commenti le banali trappole del buonsenso (i tanti sì, ma) che sembrano orientate alla decostruzione dell’evento (il 7 ottobre), le astratte petizioni di un cessate il fuoco pur che sia, le finte saggezze del giorno dopo ( qual è il piano di uscita?) mentre Israele affronta, dicevamo poco fa, la minaccia esistenziale, seguendo con fermezza la scelta irrinunciabile di continuare ad esistere.

Particolarmente toccante mi è risultato l’ultimo capitolo (Se ti dimentico, anima ebrea), una sorta di doloroso compianto sulle tensioni  che, da sempre, nella storia ed oggi, screziano l’anima ebraica (solo di essa?): facci un vitello d'oro, chiedevano le tribù di Israele; facci un Dio che cammini davanti a noi; facci un idolo che ci dispensi tutti e ciascuno dallo sforzo di pensare…. Ma, scrive B-H. Levy, nonostante tutto, l'anima, la mente e il genio dell'ebraismo sono saldi nella tempesta. Ma dimenticateli e non sarà la mano ma il cuore di Israele a inaridirsi.

Un inno di amore dolente e problematico che poco si presta ad essere riassunto nelle poche righe di un post.

Roma 5 ottobre 2024